Climate change, rischio maxi downgrade dei rating dei Paesi

1 Apr 2021
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Uno studio basato su un algoritmo sviluppato da un gruppo di università britanniche ha previsto che, entro il 2030, 63 Paesi (circa la metà di quelli valutati da S&P Global, Moody’s e Fitch, le maggiori società di rating globali) potrebbero vedere il loro rating tagliato a causa del cambiamento climatico.

Come riportato dalla rassegna sostenibile di questa settimana (Et.Observer/ 253) I ricercatori dell’Università di Cambridge, dell’Università dell’East Anglia e della Soas di Londra hanno esaminato uno “scenario realistico” noto come RCP 8.5, in cui le emissioni di carbonio e di altri inquinanti continuano ad aumentare nei prossimi decenni. Hanno poi esaminato come il probabile impatto negativo dell’aumento delle temperature, del livello del mare e di altri effetti del cambiamento climatico sulle economie e le finanze dei Paesi potrebbe influenzare i loro rating creditizi.

I Paesi più colpiti sono Cina, Cile, Malesia e Messico, che potrebbero vedere downgrade di sei notch (le “tacche” di giudizio utilizzate dai rating provider) entro la fine del secolo, così come Stati Uniti, Germania, Canada, Australia, India e Perù che potrebbero vedere downgrade di circa quattro notch. Lo studio ha anche stimato che, poiché i tagli di rating di solito aumentano i costi con cui i Paesi si finanziano sui mercati internazionali, i declassamenti indotti dal clima aggiungerebbero tra i 137 e i 205 miliardi di dollari di costi annui entro il 2100.

In uno scenario alternativo RCP 2.6, in cui le emissioni di CO2 iniziano a diminuire e vanno a zero entro il 2100, l’impatto del rating sarebbe poco più di mezzo notch in media e il costo aggiuntivo combinato sarebbe un più modesto 23-34 miliardi di dollari.

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