Solability: i rating sovrani ancora «senza integrazione Esg»

9 Dic 2020
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C’è ancora una tangibile distanza tra i rating di credito tradizionali dei Paesi e quelli che includono le variabili di sostenibilità nel merito creditizio. Il messaggio viene dall’analisi contenuta nel The Global Sustainable Competitiveness Index 2020 elaborato da Solability. L’indice (quest’anno ancora guidato dalla Svezia, per la quinta volta consecutiva, davanti a Islanda, Danimarca, Finlandia e Svizzera) valuta la performance del Paese sulla base dei fondamentali che lo caratterizzano. Si tratta di una misurazione inclusiva, differente dal Pil (o dai rating di credito) che si basano sulla produzione economica e sui numeri fiscali. Il Gsci si basa su 127 indicatori quantitativi di performance derivati da fonti definite «affidabili (Banca Mondiale, varie agenzie dell’Onu, Fmi)». Le serie di dati sono valutate sia rispetto agli ultimi dati disponibili sia rispetto all’evoluzione degli ultimi 10 anni per riflettere le prospettive future. I 127 indicatori di performance sono raggruppati in 5 pilastri che formano la performance del Paese:

  • Natural Capital Index
  • Resource Efficiency Index
  • Social Capital Index
  • Intellectual Capital & Innovation Index
  • Governance Performance Index

Il messaggio più forte riguarda i Sovereign Bond rating, per i quali lo studio parla di “mancanza di integrazione Esg”. «I rating delle obbligazioni sovrane – si legge – determinano il merito di credito di una nazione e il tasso di interesse che deve pagare sul suo debito. Si tratta quindi di una cifra molto significativa. I rating convenzionali si basano sui numeri economici e fiscali e sulla valutazione degli sviluppi politici. Non tengono conto dei fondamentali che portano ai numeri economici o agli sviluppi socio-ambientali che determinano il futuro. Un confronto tra i rating attuali (media dei rating di Moody’s, S&P e Fitch) e quelli del GSCI mostra differenze sostanziali» (vedi immagine sotto).

In generale, «i rating dei Paesi più ricchi sono troppo alti, mentre quelli dei Paesi più poveri sono troppo bassi. Il caso dei Paesi ricchi di petrolio e gas mostra anche che i rischi per gli investitori non si riflettono nei rating del credito. È giunto il momento che i rating delle obbligazioni sovrane incorporino fattori Esg, a vantaggio del debitore e riducendo i rischi per gli investitori».

 

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