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«Sri, effetto rivoluzione francese»

4 Feb 2016
Interviste ESG Market Commenta Invia ad un amico
In Francia gli investitori istituzionali dovranno obbligatoriamente rendere pubblico l’impatto climatico dei loro investimenti. «D’ora in poi se si vorrà lavorare con gli istituzionali francesi bisognerà essere in grado di considerare gli aspetti di sostenibilità».

Intervista_sriSi aprono due anni interessanti per la finanza Sri in Italia. Sul settore sono attese le ricadute della rivoluzione francese: il Parlamento di Parigi un anno fa ha stabilito che gli investitori istituzionali dovranno obbligatoriamente rendere pubblico l’impatto climatico dei loro investimenti. Per Gianluca Manca, responsabile Corporate social responsibility di Eurizon Capital Sgr, l’onda lunga di questa decisione porterà un’accelerazione anche qui perché costringerà anche gli asset manager italiani ad aggiornarsi. Eurizon Capital Sgr è storicamente attiva nella finanza Sri sia sul fronte della gestione di mandati e della consulenza agli istituzionali sia con tre fondi che fanno parte del Sistema Etico (Eurizon Azionario Internazionale Etico, Eurizon Obbligazionario Etico, Eurizon Diversificato Etico)  indirizzati alla clientela retail.

Come vede la situazione dello Sri in Italia? 

La finanza Sri è partita in Italia un po’ prima della media degli altri Paesi europei ma in modo diverso: circa venti anni fa con il retail mentre in Europa sono stati gli istituzionali a interessarsi per primi. Negli ultimi cinque anni però anche gli istituzionali italiani hanno finalmente mostrato interesse. Al contrario, la base retail ha perso attenzione nei confronti dello Sri, perché il tema agli esordi era partito con una marcia in più.

In che senso?

Nei primi anni 2000 i fondi etici hanno visto una raccolta significativa trainata dalla bolla speculativa di Internet. Alla fine degli anni ‘90, infatti, la Borsa era “per tutti” e molti risparmiatori inesperti si lasciavano tentare. Così i primi fondi Sri furono acquistati da gente per alcuni versi inconsapevole, spinta dall’alone di novità e in più dal quid della responsabilità sociale. Finché il mercato è andato bene, non ci sono stati problemi. Poi a marzo del 2000 la bolla è scoppiata e sono stati penalizzati soprattutto i titoli di alta tecnologia. Questi erano proprio i titoli in cui i fondi etici erano più presenti, perché rappresentavano ai tempi una tra le soluzioni “più pulite” in cui investire. Il risultato è che questi fondi sono incorsi in perdite più alte e questo ha fatto disamorare i clienti retail.

Quali sono le potenzialità dello Sri in Italia?

Negli ultimi tempi gli istituzionali anche in Italia iniziano a guardare agli investimenti socialmente responsabili e a soluzioni che il resto d’Europa macina ormai da più di un ventennio. Stiamo assistendo a una virata netta. Come tutti i Paesi che cominciano qualcosa in ritardo (pensiamo nel campo delle tlc ai Paesi asiatici, che dall’avere nulla passano direttamente alla tecnologia 4G),  in Italia la finanza Sri sta partendo con soluzioni più complesse e ricercate perché sviluppate nell’arco di vent’anni all’estero. Ancora pochi fondi hanno però già concretamente investito in queste soluzioni. La pratica quindi è già consolidata e raffinata ma il passaggio all’investimento concreto non è così banale. Anche perché molti dei fondi pensione, i principali investitori istituzionali accanto ai fondi sovrani e alle fondazioni, hanno una struttura di governance diversa e per loro natura sono meno reattivi al cambiamento.

A livello di retail si vede una ripresa di interesse?

La ripresa del retail è possibile, ma non è ancora programmabile. Si basa sui trend in corso anche su altri fronti. Così come cresce la spesa del consumatore attento (vediamo il fenomeno del cibo “bio”) anche il risparmiatore è interessato all’investimento responsabile: non vuole guadagnare sull’uranio impoverito o sulle bombe a grappolo. Sapere che si può non investire su questi settori e conseguire risultati altrettanto soddisfacenti è un trend da cui non si scappa. Soprattutto per i giovani che leggono di più e desiderano allontanarsi dal concetto “voglio tutto, a discapito di tutto”. I Millennial sono  tendenzialmente  più interessati a questi temi. Sono l’ago della bilancia. Ma la responsabilità sociale degli investimenti riguarda temi sul tavolo ogni giorno: l’elevato livello di inquinamento nelle città è un problema sotto gli occhi di tutti.

Come sviluppare lo Sri in Italia?

La rivoluzione arriverà dall’effetto domino di quello che è successo a Parigi. Il Parlamento francese un anno fa ha stabilito che gli investitori istituzionali dovranno obbligatoriamente rendere pubblico l’impatto climatico dei loro investimenti. L’onda lunga di questa decisione sarà più che sufficiente per vedere un’accelerazione anche qui. D’ora in poi se si vorrà lavorare con gli istituzionali francesi bisognerà essere in grado di considerare gli aspetti di sostenibilità. Non è semplice istituire un mandato istituzionale che rispettitutti questi criteri, ossia parte legale, compliance, scelte di consulenti esterni, regole del gioco chiare e precise. Ma i primi asset manager francesi che arriveranno qui con soluzioni brillanti costringeranno gli altri ad aggiornarsi. Abbiamo 1-2 anni interessanti. Ed è una sfida a cui Eurizon Capital è pronta a rispondere.

Qual è la vostra offerta Sri per il mercato italiano?

Abbiamo tre fondi storici che fanno parte del Sistema Etico (Eurizon Azionario Internazionale Etico, Eurizon Obbligazionario Etico, Eurizon Diversificato Etico)  indirizzati alla clientela retail. Questi fondi sono attivi su una molteplicità di fronti: non investono in società di settori controversi, hanno un comitato di sostenibilità che formula le proprie opinioni circa l’eticità degli emittenti e  contribuiscono a finanziare progetti e iniziative di carattere umanitario. Per quanto riguarda gli istituzionali, ci occupiamo della gestione di mandati e della consulenza anche in tema di sostenibilità. In un fondo pensione,  spesso il nodo più cruciale è trovare la soluzione che rappresenta il compromesso tra sensibilità diverse su determinati aspetti: per esempio tra chi è più interessato a questioni ambientali e chi a questioni sociali. Un altro fattore di resistenza al cambiamento tra gli istituzionali è rappresentato dalla ricerca di rendimento nel breve termine. Negli Usa il dividendo trimestrale è ancora centrale. Ci vuole un passaggio generazionale di coscienza, la resistenza è culturale. È difficile spiegare che l’acqua dolce è in stato di depauperamento nel nostro pianeta, eppure da noi le aziende la devono pagare sempre di più. Questa cosa piano piano però sta mutando.

La governance declinata sulla Csr (“integrated governance”) è un fattore di scelta di un investimento?

L’acronimo Esg nasce nel 2005 da una pubblicazione dell’Unepfi alla cui stesura Eurizon Capital ha partecipato in qualità di presidente dell’Asset Management Working Group. Da allora elementi come l’organizzazione dei rapporti tra presidente e manager o la modalità di remunerazione sono tutti aspetti che il gestore deve prendere in considerazione. Nello specifico, la governance declinata sulla Csr, intesa per esempio come la presenza o meno del Csr manager o di responsabili per la sostenibilità all’interno del board, è ancora poco rilevante in termini di scelte di investimento. Ma prima o poi ci arriveremo.

Elena Bonanni

@ElenaBonanni

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