Il manuale di Forum per la Finanza Sostenibile e Wwf

Crisi climatica, cosa può fare la finanza Sri

27 Nov 2020
Notizie SRI Finance Commenta Invia ad un amico
A conclusione della Settimana Sri è stato presentato il manuale “Investimenti sostenibili per il clima”. Contiene quattro azioni prioritarie e sei settori strategici per l'investitore che vuole ricoprire un ruolo positivo, finanziando mitigazione e adattamento climatici

L’attuale crisi legata alla pandemia di Covid-19 non deve oscurare il problema, l’urgenza e la gravità della crisi climatica. E la finanza sostenibile può ricoprire un ruolo cruciale in questa fase, contribuendo in modo deciso e positivo al raggiungimento degli obiettivi climatici. È questo il messaggio lanciato dal Forum per la Finanza Sostenibile, mercoledì 25 novembre, nell’evento conclusivo della Settimana Sri. «È nostro profondo convincimento che il rapporto tra finanza sostenibile e la strategia per la lotta al cambiamento climatico, insieme alla costruzione di imprese sostenibili e a un Welfare inclusivo, possa essere la ricetta per la ripresa», ha commentato Francesco Bicciato, segretario generale del Forum, in apertura dell’evento.

Durante l’incontro virtuale è stato presentato il manuale “Investimenti sostenibili per il clima”, realizzato dal Forum a partire dai contributi raccolti in un gruppo di lavoro organizzato in collaborazione con Wwf e con il supporto di Bper Banca, Etica Sgr, Natixis Investment Managers e Ubs Asset Management. Il documento analizza il ruolo cruciale che la finanza sostenibile può ricoprire nel raggiungimento degli obiettivi climatici, sia in termini di integrazione degli aspetti di sostenibilità nelle scelte di investimento, sia in ottica di finanziamento delle soluzioni di mitigazione e adattamento.

Bicciato ha citato lo studio macroeconomico “Ossigeno per la crescita. La decarbonizzazione al centro della strategia economica post-Covid”, curato da Ref-E,  secondo cui, spendendo l’80% delle risorse europee nella decarbonizzazione dell’economia, l’Italia conseguirebbe un aumento del 30% del Pil e un incremento del tasso di occupazione dell’11% entro il 2030. «Mi piace citare questo passaggio perché è abbastanza eloquente – spiega Bicciato -. Sono convinto, come ricorda anche la Commissione europea, che la strategia per il clima sia la strategia per il rilancio economico dell’intera Unione europea e, ovviamente, anche dell’Italia».

Il manuale

Nel manuale sono identificate quattro azioni prioritarie per gli investitori, per ognuna delle quali è dedicato un apposito capitolo. In più, la pubblicazione elenca i principali strumenti e i sei settori strategici per interventi di mitigazione e adattamento. Infine, l’ultimo capitolo è interamente focalizzato sul fattore sociale. «Con questo manuale abbiamo proseguito un percorso iniziato nel 2016 con un altro testo su finanza sostenibile e cambiamento climatico. Quest’anno in particolare, siamo partiti da una domanda: Quale può essere il ruolo positivo della finanza sostenibile nel raggiungimento degli obiettivi climatici di mitigazione e adattamento?», ha dichiarato Arianna Lovera, Senior Programme Officer del Forum, mentre illustrava i contenuti del manuale durante l’evento di presentazione.

Parlando degli investimenti sostenibili per il clima, la professionista ha sottolineato che «i dati sono buoni, ma persiste un problema sia nella quantità, cioè nei volumi di investimento destinati alla lotta al cambiamento climatico, sia rispetto alla qualità, cioè ai settori di investimento. La maggioranza dei volumi si concentra sulla mitigazione, mentre da più parti viene rilevata l’importanza dell’adattamento – ha proseguito Lovera -. Per l’Italia, che è tra i Paesi europei più esposti ai rischi fisici legati al cambiamento climatico, è stato stimato un calo del Pil dello 0,5% con uno scenario ottimistico di aumento della temperatura entro i 2°C. L’adattamento serve per limitare i danni di quegli eventi che non sarà possibile evitare anche nel caso di successo della mitigazione».

Le azioni prioritarie per gli investitori

Il primo passaggio per l’investitore che vuole ricoprire un ruolo positivo è quello di analizzare i rischi finanziari legati al clima. Il manuale contiene una rassegna delle principali metodologie di analisi sul climate risk rilevanti dal punto di vista finanziario. Inoltre, in questo capitolo è stato approfondito anche il ruolo delle autorità di vigilanza, fondamentali dal punto di vista della stabilità dei sistemi finanziari. Il secondo passo da fare è la rendicontazione, cioè la comunicazione verso il mercato e verso gli investitori finali dei rischi e delle opportunità degli impatti. Nello scrivere questo passaggio, gli autori del manuale hanno adottato la prospettiva della doppia materialità: non tenere conto soltanto degli effetti del cambiamento climatico sulle attività economiche e sugli investimenti, ma anche degli effetti, positivi o negativi, degli investimenti finanziari sul problema del cambiamento climatico e del riscaldamento globale. Anche qui sono raccolti i principali standard adottati. La rendicontazione è trattata su due livelli: per le imprese e per gli investitori. Infine, questa sezione contiene anche due focus, sul settore bancario e assicurativo, che danno spazio al punto di vista delle associazioni di categoria sulle principali opportunità e criticità dell’attuale impianto normativo sulla rendicontazione sugli aspetti climatici.

Il terzo passaggio prevede di allineare i portafogli di investimento agli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi, quindi coerenti con uno scenario di aumento medio delle temperature globali entro 1,5°C. Per farlo, il manuale indica innanzitutto di ridurre l’impatto negativo degli investimenti attraverso l’engagement, il dialogo e l’esercizio del diritto di voto. In caso di engagement fallimentare, il documento suggerisce di ricorrere al disinvestimento o all’esclusione del settore dell’azienda. Il quarto passo prevede di passare all’azione finanziando la mitigazione e l’adattamento. «La crescita degli investimenti è sicuramente incoraggiante, anche se non è sufficiente – ha commentato Lovera -. L’Intergovernmental Panel on Climate Change ha stimato che tra il 2016 e il 2050 occorrerà investire in media 830 miliardi di dollari in più ogni anno rispetto ai volumi già stanziati per finanziare iniziative in ambito energetico in grado di diminuire del 45% le emissioni nocive entro il 2030 e raggiungere l’obiettivo di zero emissioni al 2050, entrambe condizioni necessarie per rispettare gli Accordi di Parigi».

I settori strategici

Nel manuale sono stati raccolti anche i principali strumenti per finanziare le soluzioni di mitigazione e adattamento: green bond, transition bond, sustainability linked loan, mutui per l’efficienza energetica, investimenti tematici, impact investing, bechmark climatici. Il quinto capitolo del documento, invece, è dedicato ai sei settori prioritari su cui investire, con approfondimenti specifici per ciascuno. Per individuarli, gli autori hanno pensato in particolare alla situazione dell’Italia, distinguendoli in: energie rinnovabili; agricoltura e foreste; trasporto e mobilità; città ed edilizia; digitale; ed economia circolare.

Il sesto e ultimo capitolo è dedicato all’importanza del fattore sociale. «È molto importante inserire un approfondimento su questo tema, che viene in genere trattato meno rispetto agli altri rischi legati ai cambiamenti climatici, innanzitutto a partire dalla consapevolezza dell’interconnessione tra rischi di diversa natura: ambientale, sociale e economici – ha concluso la Senior Programme Officer del Forum -. Lo possiamo toccare con mano in questa situazione difficile in cui ci troviamo, dove dei rischi nati in ambito sanitario sono diventati anche economici e sociali». La pubblicazione mette in evidenza come i rischi fisici dei cambiamenti climatici si ripercuotono in maniera disomogenea sulla popolazione, determinando un aumento delle disuguaglianze a livello internazionale.

Tra i dati citati dal manuale, si prevede un aumento delle migrazioni involontarie di massa, con una stima di 140 milioni di migranti climatici entro il 2050. Nel documento viene incluso anche il problema della responsabilità e delle compensazioni, già citato nell’articolo 9 dell’Accordo di Parigi: i Paesi di più antica industrializzazione sono i maggiori responsabili delle emissioni storiche che causano il riscaldamento e quindi è giusto che siano soprattutto questi Stati a finanziare le soluzioni di mitigazione e adattamento anche nei Paesi emergenti, che sono tra l’altro i più esposti ai danni dei cambiamenti climatici. Infine, il manuale approfondisce il legame tra cambiamenti climatici e rischi per la salute umana.

Alessia Albertin

0 commenti

Lascia un commento