I criteri Esg per disinnescare una “bolla Pir” da 68 miliardi di euro

16 Mag 2017
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Dietro le quinte, il boom dei Pir diventa “bolla dei Pir”. Una bolla che necessiterebbe di un parametro di finanza Sri per essere sgonfiata.
I piani individuali di risparmio, varati a fine 2016 dal Governo italiano, hanno l’intento di sostenere il capitale delle società quotate esterne al paniere dei titoli principali. Per chi investe in questi strumenti (attenzione al facile equivoco: non si investe, in realtà, nelle società quotate, ma si compra una quota di un prodotto che a sua volta compra azioni già collocate in Borsa di quelle società), sono previsti grandi incentivi fiscali. Da qui la corsa a ricercare i titoli delle small e mid cap di Piazza Affari.
Ebbene, secondo indiscrezioni raccolte da ETicaNews, gli operatori finanziari iniziano a chiedersi cosa potrà portare questa corsa. In effetti, se il tasso di raccolta dei Pir prosegue al passo attuale, si triplicheranno le stime del Governo (16-18 miliardi in 5 anni), verso un traguardo di 68 miliardi di euro a cinque anni.

Ebbene, per questa liquidità, dicono i trader, «non ci sono sufficienti pmi italiane da comprare».

Da qui l’opportunità di trovare un filtro di finanza responsabile, che cioè richieda alle pmi oggetto dei Pir di rispondere a precisi criteri Esg. In questo modo diventerebbe meno semplice costruire il prodotto Pir: da un lato, si richiederebbe ai costruttori di sviluppare una expertise Sri; dall’altro, si spingerebbero le aziende verso criteri di responsabilità; infine, si romperebbe l’incantesimo del guadagno facile, che sempre porta infauste conseguenze ai mercati.

 

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