Aviva Investor indica l'impatto sulla sostenibilità

COVID-19: un punto di svolta per le tematiche ESG?

3 Set 2020
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Il COVID-19 ha gettato una nuova luce sulle interrelazioni tra ecosistemi umani e naturali, nonché sulle vulnerabilità di un mondo strettamente interconnesso. Gli specialisti dell’investimento responsabile di Aviva Investors si chiedono se la pandemia segnerà un punto di svolta per le questioni ambientali, sociali e di governance
La presente pubblicazione è rivolta unicamente alla clientela professionale, ai consulenti finanziari e agli investitori qualificati. Da non divulgare e usare come riferimento per i clienti privati.

La diffusione di una pandemia globale solleva molte domande importanti. È impossibile analizzare la crisi sanitaria globale e le sue ripercussioni senza considerare i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG). Nonostante non sia possibile rispondere alla miriade di questioni ESG derivanti dal COVID-19 mentre il dibattito è ancora nella fase iniziale, esamineremo per il momento il modo in cui questa pandemia accelererà o rallenterà il progresso e ci concentreremo sui singoli costituenti dei fattori ESG.

AMBIENTE: L’ARGOMENTO DI CUI TUTTI EVITANO DI PARLARE

Prima della pandemia di COVID-19, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali (EIOPA) aveva le tematiche ESG già nel mirino, un modo per “rendere operativa” la sostenibilità (1). Con la pandemia, l’attenzione si è intensificata. «Il COVID-19 sta dimostrando come una questione sanitaria e ambientale possa trasformarsi in un grave problema sociale, mettendo in forti difficoltà di governance sia le aziende che i singoli Paesi», sostiene Steve Waygood, chief responsible investment officer di Aviva Investors. «Dimostra inoltre come queste sfide esulino dai confini nazionali. Per l’economia globale si tratta di uno stress-test basato sulle tematiche ESG».

Le origini del COVID-19 sono ancora oggetto di un acceso dibattito; è uno dei cluster in crescita di malattie zoonotiche (trasmissioni dagli animali all’uomo) derivanti dallo stretto contatto degli esseri umani con altre forme di vita. «L’inarrestabile invasione, da parte dei sistemi umani, di ciò che resta del mondo naturale sta costringendo gli animali selvatici a un contatto sempre più stretto con l’uomo, esponendolo in tal modo ai virus e alle malattie che questi animali possono trasmettere», sostiene Rick Stathers, senior ESG analyst e climate specialist di Aviva Investors. «Ma con solo il 23% della superficie terrestre ancora allo stato naturale e solo il 5% della biomassa animale allo stato selvatico (il 95% è costituito da esseri umani o animali addomesticati), queste specie non sanno più dove andare a vivere».

Nella prima fase della riposta al COVID-19, alcuni governi hanno subito colto l’occasione per passare a una ripresa più ecologica, adottando una prima serie di misure come il sostegno ai settori ad alta intensità di carbonio. «I governi devono fare in modo che la ricostruzione post-crisi sarà migliore», afferma Waygood. «Ad esempio, i piani di salvataggio dei settori ad alta intensità di energia (come petrolio e gas, automobili, prodotti chimici e linee aeree) dovrebbero essere subordinati alla garanzia di un impegno verso una minore concentrazione di carbonio in futuro».

Essendo per il momento venuto meno l’elenco delle priorità di autorità politiche e aziende, ci si chiede se nell’avviarsi verso la fase di ripresa economica i decisori privilegeranno le iniziative sostenibili.

SOCIALE: VERSO UN CAPITALISMO PIÙ INCLUSIVO

Per quanto concerne le implicazioni sociali, il COVID-19 ha rivitalizzato il dibattito in atto da molto tempo sulle finalità di un’azienda. Qual è lo scopo delle aziende? Hanno l’unico fine di generare profitti, pagare le tasse e distribuire il resto agli azionisti, come Milton Friedman notoriamente suggeriva? [2] Oppure dovrebbero perseguire finalità più nobili, mettendosi al servizio della società o persino migliorarla?

Durante la crisi, la parola d’ordine è stata “collaborazione”. Nel settore farmaceutico, risorse pubbliche e private hanno unito le loro forze per cercare di sviluppare potenziali vaccini, testarli e metterli più rapidamente sul mercato. Una delle dichiarazioni più indicative è quella di Emma Warmsley, Chief Executive di GlaxoSmithKline, tra le dirigenti donna più pagate dalle società quotate nell’FTSE 100, secondo cui l’azienda “non prevede di generare profitti” da una varietà di collaborazioni durante la pandemia [3]. Il piano consiste nel veicolare qualsiasi guadagno a breve termine nella ricerca e nello sviluppo di terapie a favore di alcune delle popolazioni più povere del mondo.

Infine, questo tipo di impegno potrebbe determinare, da parte delle aziende farmaceutiche commerciali, la separazione delle attività di alto profilo sociale ma a basso ritorno economico dalla loro attività commerciale più ampia. «Attualmente, le attività commerciali e quelle non commerciali sono unite in un’unica entità», sostiene Mirza Baig, global head of governance di Aviva Investors. «Con l’attuale approccio aggregativo, le unità a basso rendimento ostacoleranno i margini del gruppo e in ultima analisi anche le valutazioni».

È complesso anche il dibattito sul contributo delle banche, che possono svolgere un ruolo fondamentale di pubblica utilità continuando a far affluire liquidità e a mantenere solvibili le aziende. Questa volta, i regolatori di Regno Unito ed Europa hanno cercato di congelare i dividendi e i riacquisti di azioni a sostegno del capitale (diversamente da quanto accaduto negli Stati Uniti). Sebbene queste misure aumentino la capacità delle banche di sostenere il sistema finanziario, hanno vaste ripercussioni sui fondi pensione e su altri investitori in cerca di reddito a lungo termine. Interrompere il flusso (45 miliardi di euro di dividendi del 2019 non ancora pagati dalle banche europee [4])  sarà gravoso per alcuni di loro.

Prima del COVID-19, alcune banche avevano già lanciato campagne e strategie basate sulle finalità aziendali e sullo stakeholder capitalism. In breve, uno degli effetti della pandemia di COVID-19 è che l’aspetto sociale dell’approccio ESG sta finalmente ottenendo l’attenzione che merita.

GOVERNANCE: GESTIRE LA CRISI

Finite nell’occhio del ciclone, le tematiche legate alla governance sono di importanza fondamentale. In che modo le aziende stanno trattando i propri dipendenti? Se le linee aeree trasportano persone contagiate dal COVID-19, quanta parte del rischio si aspettano che sia assunto dal personale addetto alla pulizia?[5] Quali responsabilità hanno attribuito le società di trasformazione alimentare ai loro imballatori [5] o le società di logistica ai propri commissionatori? [7] E quali potrebbero essere i danni reputazionali e legali per le aziende che non riescono a far fronte ai rischi? L’intervento industriale ha già messo in evidenza i punti critici, con i lavoratori del settore alimentare e sanitario degli Stati Uniti che hanno lasciato il proprio impiego o si sono uniti in picchetti a “distanza di sicurezza” [8].

«I lavoratori chiave che si trovano in prima linea, che stanno effettivamente tenendo le luci accese, stanno perlopiù svolgendo ruoli relativamente a bassa retribuzione», afferma Baig. «La speranza è che quando la crisi del COVID sarà finita, rifletteremo su come attribuire valore ai contributi economici e sociali di un individuo e di conseguenza sul modo in cui stabilire un’equa retribuzione».

Guardando ai vertici della gerarchia aziendale, osserviamo notevoli divergenze in termini di risposta alla crisi che si riflettono nella retribuzione degli amministratori. «Nell’FTSE 100, ad esempio, le misure variano da quelli che hanno annullato tutte le forme di retribuzione (nessuno stipendio, nessun bonus, nessuna assegnazione di azioni), a quelli che hanno soltanto posticipato gli aumenti di stipendio e i bonus, mentre altri non hanno ritenuto opportuno adottare alcuna misura», aggiunge Baig. «Stiamo cercando di elaborare una mappatura delle aziende che hanno congedato il personale senza retribuzione, di quelle che hanno annullato i dividendi e delle aziende che hanno chiesto aiuti statali. Quando tutte queste dinamiche saranno chiare, gli azionisti inizieranno a farsi un’opinione su quali sono stati gli operatori responsabili durante la crisi e quali invece non lo sono stati».

È significativo il fatto che vi siano state implicazioni finanziarie sostanziali per le aziende non ritenute all’altezza per il modo in cui sono gestite, nonché per come affrontano le questioni fiscali. Ad esempio, dopo avere accertato che la società di navi da crociera Carnival pagava una bassa aliquota (inferiore al 10%) negli USA, le sono stati negati gli aiuti statali, costringendola a cercare altre forme di finanziamento più costose [9].

Le aziende gestite o associate a persone palesemente di successo che hanno cercato di ottenere aiuti statali, non sono state considerate positivamente [9]. Tutto questo porta a valutazioni più ampie sulle disuguaglianze e sulla modalità di distribuzione dei benefici e spinge a chiedersi se la società sia strutturata in modo tale da tenere conto delle esigenze di tutti.

Cosa significa tutto questo per chi è in cerca di aziende vincenti? Sostanzialmente, il COVID-19 ha messo in luce l’importanza di una buona governance. Ha operato una distinzione tra le aziende che hanno compreso i rischi sostanziali e stanno adottando misure appropriate per mitigarli e quelle che non sono state all’altezza in nessuno dei due compiti.

UN PUNTO DI SVOLTA?

Il tempo dirà se il COVID-19 abbia rappresentato un punto di svolta per le tematiche ESG. Stando all’evidenza di quanto abbiamo osservato finora, la risposta sembrerebbe un “sì” senza riserve. Le condizioni della crisi hanno rilanciato l’importanza dei parametri ESG e dimostrato energicamente l’efficacia di un approccio olistico al rischio d’investimento.

«Chi resiste al cambiamento o sta cercando scuse, si sta nascondendo dietro al COVID-19», ritiene Baig. «Ma le aziende più illuminate avranno probabilmente una maggiore consapevolezza dei costi sociali e finanziari associati alla natura sistemica delle questioni ambientali e sociali che devono essere affrontate. Naturalmente, vi saranno interessi contrastanti a breve termine. Prevediamo tuttavia che in un orizzonte più lungo questa esperienza stimolerà un maggiore impegno ad affrontare tali tematiche».

Bibliografia

1 – Bridget MacDonnell, “EIOPA proposes changes to Solvency II and the IDD on climate change and sustainability for life and non-life insurers”, The Business of Risk. 11 febbraio 2019.

2 – Milton Friedman, “The Social Responsibility of Business is to Increase its Profits”, The New York Times Magazine, 13 settembre 1970.

3 – Martin Vander Weyer, “Will GSK show us what ‘purpose before profit’ really means?”, The Spectator, 25 aprile 2020.

4 – Margot Patrick, “Europe’s banks urged to cut dividends to shore up capital”, Wall Street Journal, 31 marzo 2020.

5 – Angus Whitley, “Qantas passengers face virus risk as inadequate cleaning exposed”, Bloomberg, 5 marzo 2020.

6 – John Johnson, “What the FDA requires for food safety during the COVID-19 pandemic”, JD Supra, 20 aprile 2020.

7 – “Coronavirus: Amazon using thermal cameras to detect Covid-19”, BBC, 20 aprile 2020.

8 – Joshua Franklin, “Cruise operator Carnival pays high price to get credit investors on board”, Reuters, 2 aprile 2020.

9 – Rupert Neate, “Richard Branson facing backlash over plea for UK bailout of Virgin”, The Guardian, 12 aprile 2020.

 

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