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Assicurazioni Esg, il ruolo attivo dei brokers

16 Gen 2023
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Pietro Negri ripercorre l'integrazione normativa degli Esg in ambito assicurativo, e presenta un quadro della attuale situazione in termini di framework per i nuovi prodotti. In questa complessità, gli intermediari hanno il ruolo di far comprendere il valore strategico delle polizze Esg

Al fine di tutelarsi contro i rischi che possono derivare dall’esercizio di un’attività economica, un’attività professionale o semplicemente i rischi in cui è possibile incorrere nella vita privata, imprese e famiglie hanno la possibilità di sottoscrivere una polizza assicurativa.

L’impresa di assicurazione, infatti, svolge una particolare attività produttiva, rappresentata dalla sistematica assunzione di rischi potenzialmente in grado di determinare danni futuri ed incerti in capo all’assicurato (danni fisici), ai suoi beni o al suo patrimonio. Il trasferimento del rischio si realizza mediante la stipulazione di un contratto (c.d. “polizza”) con il quale l’assicuratore si impegna a risarcire i danni sofferti a causa di un evento dannoso (c.d. “sinistro”), durante il periodo di copertura e secondo le modalità previste dal contratto stesso, a fronte del pagamento di un corrispettivo economico (c.d. “premio”).

Si parla in tal caso di gestione “tecnica” assicurativa, che si concretizza nelle attività di assunzione dei rischi, nella costituzione e gestione del portafoglio di rischi, nella cessione di rischi ad altre compagnie (riassicurazione), nella verifica dei sinistri e nella valutazione e liquidazione dei risarcimenti.

L’assunzione del rischio – che può determinare un sinistro futuro ed incerto – a fronte del pagamento del premio, caratterizza la c.d. “inversione del ciclo produttivo” tipica dell’attività assicurativa. L’insorgenza di un debito (futuro ed incerto) verso i propri assicurati, pertanto, rende necessari idonei investimenti dei premi incassati anticipatamente, affinché sia garantito l’equilibro economico-patrimoniale dell’impresa. È per questa ragione che alla gestione tecnica si accompagna la gestione “patrimoniale”, che consiste nell’amministrazione, investimento e gestione delle somme derivanti dalla riscossione dei premi.

L’obiettivo è il raggiungimento di una composizione del portafoglio di attività che presenti un’adeguata combinazione tra rischio, rendimento, sicurezza, liquidità e diversificazione in grado di far fronte alla caratteristiche dei rischi assunti e agli obiettivi di profitto prefissati dall’impresa. La gestione patrimoniale deve garantire la solvibilità, concetto che si collega a quello di solidità patrimoniale, da intendersi come il possesso – da parte dell’impresa assicuratrice – di adeguati mezzi propri per far fronte agli impegni assunti, rappresentati dalle riserve tecniche che “………devono corrispondere all’importo attuale che le imprese di assicurazione e di riassicurazione dovrebbero pagare se dovessero trasferire immediatamente le loro obbligazioni di assicurazione o riassicurazione ad un’altra impresa di assicurazione o riassicurazione” [1].

La definizione delle clausole contrattuali e del premio sulla base del quale le imprese offrono i propri prodotti è una delle fasi più importanti del processo assicurativo.

La loro corretta individuazione, infatti, consente di far fronte agli impegni assunti nei confronti dei propri assicurati e di garantire un’adeguata remunerazione del capitale. Il processo di determinazione, in particolare, parte, innanzitutto, dalla valutazione probabilistica della prestazione aleatoria dell’assicuratore – ossia l’importo totale di danno atteso, provocato dai sinistri durante il periodo assicurato – tenendo conto delle caratteristiche del rischio osservabili a priori e di alcuni elementi che ne descrivono la sinistrosità, tramite un’impostazione tecnico-attuariale. Tale configurazione definisce il c.d. “premio equo o puro” a supporto del testo contrattuale, al quale l’impresa aggiunge spese, costi di gestione e oneri amministrativi ed un guadagno per il servizio offerto (c.d. “caricamenti”), che determinano il premio finale da applicare alla polizza[2].

Ovviamente, maggiore è la quantità dei dati disponibili, più attendibili sono i risultati. Quanto più l’analisi del rischio, le sue caratteristiche e il potenziale di accadimento di un sinistro è conosciuto, quanto più è possibile costruire il prodotto assicurativo definendo le garanzie più idonee a soddisfare – per quanto possibile – i bisogni assicurativi della clientela. Poiché il numero dei sinistri e i relativi costi variano nel tempo, infatti, per determinare il premio da applicare nell’esercizio futuro è necessario stimare le probabili variazioni che interverranno e adeguare di conseguenza i dati osservati.

L’efficienza della gestione dipende, pertanto, dalla conoscenza del rischio, dalla qualità delle stime probabilistiche e dalla loro applicabilità al gruppo di rischi o ai soggetti assicurati: resta possibile, comunque, in assenza di dati statistici, determinare il premio grazie alle basi tecniche e all’esperienza maturata nel tempo dagli operatori.

Questa lunga e, spero non troppo, complessa premessa ci è utile per comprendere il particolare ruolo rivestito dalle imprese e dagli Intermediari di assicurazione e tra questi, in particolare, dai Brokers che – per loro stessa natura – si pongono come primi consulenti per l’analisi dei rischi e dei bisogni della clientela.

INTEGRARE GLI ESG NEL RISCHIO ASSICURATIVO

Come è ben noto e intuibile, il quadro normativo in materia di finanza sostenibile – avviato nel 2018 dalla Commissione Europea in conseguenza dei cambiamenti climatici e sociali, sempre più incombenti e drammatici nelle loro potenziali conseguenze, per finanziare la crescita sostenibile e orientare i flussi di capitale verso investimenti sostenibili promuovendo allo stesso tempo una maggior trasparenza – è molto rilevante anche per il settore assicurativo che riveste un ruolo chiave per la promozione della transizione sostenibile, come investitore, fornitore di protezione e gestore del rischio.

Con l’adozione del Regolamento (UE) 2019/2088 (di seguito, SFDR), infatti, il Legislatore europeo ha introdotto specifici presidi di trasparenza nell’informativa dei prodotti finanziari (compresi quelli assicurativi a contenuto finanziario, c.d. IBIPs, e quelli previdenziali), allo scopo di rendere comparabili – agli investitori finali – le informative relative alla considerazione, nei prodotti stessi, dei fattori e dei rischi di sostenibilità.

Inoltre, in tale contesto, gli assicuratori sono particolarmente interessati anche dal Regolamento (UE) 2020/852 (di seguito, Tassonomia) che stabilisce i criteri per determinare se un’attività economica possa considerarsi ecosostenibile, sia nella loro qualità di investitori istituzionali sia come sottoscrittori di rischi. In quest’ambito, infatti – soprattutto in determinati rami di attività[3] – essi possono rivestire la qualifica di soggetti “enabler”/abilitanti[4] di attività (potenzialmente) sostenibili, fornendo un sostanziale contributo all’obiettivo di adattamento ai cambiamenti climatici.

L’adozione della più volte richiamata normativa UE in materia di finanza sostenibile, dunque, ha comportato un intervento di allineamento anche sulle disposizioni europee del framework Solvency II e sulla disciplina in materia di distribuzione dei prodotti assicurativi prevista dalla Insurance Distribution Directive (c.d. IDD).

È per questa ragione che sono stati pubblicati, rispettivamente, il Regolamento delegato n. 2021/1256, che modifica il Regolamento delegato (UE) 2015/35 per quanto riguarda l’integrazione dei rischi di sostenibilità nella governance delle imprese di assicurazione e di riassicurazione, e il Regolamento delegato n. 2021/1257 che, a sua volta, modifica i Regolamenti delegati (UE) 2017/2358 e (UE) 2017/2359 per quanto riguarda l’integrazione dei fattori di sostenibilità, dei rischi di sostenibilità e delle preferenze di sostenibilità nei requisiti in materia di controllo e di governo del prodotto per le imprese di assicurazione e i distributori di prodotti assicurativi e nelle norme di comportamento e nella consulenza in materia di investimenti assicurativi.

Le disposizioni dei due Regolamenti delegati si applicano dal 2 agosto 2022.

Nello specifico, le novità apportate al Regolamento delegato (UE) 2015/35 riguardano: i rischi di sostenibilità, che vengono integrati nell’ambito delle politiche di gestione dei rischi (art. 260); la funzione di gestione dei rischi, che deve individuare e limitare i rischi di sostenibilità (art. 269) necessari a valutare il fabbisogno di solvibilità globale dell’impresa; la funzione attuariale, chiamata a rendere un parere nell’ambito della politica di sottoscrizione, tenendo conto anche dei rischi di sostenibilità (art. 272); la politica di remunerazione, che comprende informazioni sull’integrazione dei rischi di sostenibilità nella gestione dei rischi (art. 275); l’integrazione dei rischi di sostenibilità nel c.d. principio della “persona prudente” (art. 275-bis).

Nel Regolamento delegato (UE) 2017/2358 – che regola il processo di creazione e di controllo del prodotto – le novità riguardano: la progettazione dei prodotti assicurativi, che deve tener conto, tra le aspettative dei clienti, anche dei loro obiettivi relativi alla sostenibilità (art. 4); la definizione di “mercato di riferimento” (Target Market – TM) che considera ora i fattori di sostenibilità. In particolare, è previsto che i clienti o potenziali clienti che NON abbiano preferenze di sostenibilità, non vadano ricompresi nel TM negativo individuato, per sottrazione, rispetto ai prodotti sostenibili (art. 5)[5]; l’integrazione di obiettivi di sostenibilità nell’ambito della disciplina relativa a: (i) il test del prodotto (art. 6); (ii) il processo di monitoraggio e revisione (art. 7); (iii) l’ambito delle informazioni presenti nei flussi informativi tra produttore e distributore (art. 8); i meccanismi di distribuzione (art. 10) che devono garantire, tra l’altro, che gli eventuali obiettivi legati alla sostenibilità siano debitamente tenuti in considerazione; l’informativa che il distributore deve riportare al produttore, nel caso in cui il prodotto non sia più in linea, nel corso del tempo, con gli obiettivi di sostenibilità stabiliti nel TM  (art. 11).

Infine, nel Regolamento delegato (UE) 2017/2359, concernente le regole di comportamento relative ai prodotti di investimento assicurativi (c.d. IBIPs): vengono introdotte le c.d. preferenze di sostenibilità, che si concretizzano nella scelta, da parte di un cliente o potenziale cliente, di integrare o meno nel suo investimento, e se sì in che misura, uno o più dei seguenti prodotti finanziari: a) un IBIP per il quale il cliente o il potenziale cliente stabilisce che una quota minima deve essere investita in investimenti ecosostenibili ai sensi dell’articolo 2, punto 1, del Regolamento Tassonomia[6];  b) un IBIP per il quale il cliente o il potenziale cliente stabilisce che una quota minima deve essere investita in investimenti sostenibili ai sensi dell’articolo 2, punto 17, del Regolamento SFDR[7]; c) un IBIP che considera i principali effetti negativi sui fattori di sostenibilità laddove elementi qualitativi o quantitativi su tale aspetto sono stabiliti dal cliente; le preferenze di sostenibilità vengono integrate nell’ambito della disciplina concernente il conflitto di interesse nell’ambito della distribuzione (art. 3), nonché nella valutazione di adeguatezza prevista per collocare un IBIP (artt. 9 e 14), prevedendosi, tra l’altro, che: a) un intermediario assicurativo o un’impresa di assicurazione non raccomanda IBIPs come rispondenti alle preferenze di sostenibilità di un cliente se questi prodotti non soddisfano le reali preferenze. L’intermediario assicurativo o l’impresa deve spiegare le ragioni di tale scelta e conserva la documentazione; b) se nessun IBIP soddisfa le preferenze di sostenibilità del cliente e se quest’ultimo decide di adattare le proprie preferenze di sostenibilità, l’intermediario assicurativo o l’impresa conserva traccia di tale decisione e i relativi motivi; c) la valutazione periodica di adeguatezza tiene conto anche delle preferenze di sostenibilità espresse.

Al fine di favorire la corretta interpretazione e l’uniforme applicazione delle nuove disposizioni, EIOPA ha recentemente pubblicato una Guidance che illustra e specifica i contenuti delle nuove disposizioni, con particolare riguardo all’integrazione delle preferenze di sostenibilità nell’ambito della valutazione di adeguatezza[8].

LA NORMATIVA ITALIANA

Tutte queste “novità europee” vengono ora riportate – senza particolari variazioni – nell’alveo della normativa nazionale.

L’IVASS con il Documento n. 9/2022 in consultazione fino al 23 dicembre 2022, apporta modifiche e integrazioni ai propri Regolamenti: – n. 24/2016, in materia di investimenti e di attivi a copertura delle riserve tecniche; – n. 38/2018 che definisce il sistema di governo societario; – n. 40/2018 in materia di distribuzione assicurativa e riassicurativa; – n. 45/2020 sul governo e controllo dei prodotti assicurativi.

Ai fini che qui interessano maggiormente, ci si focalizza, prima di tutto, sulle modifiche apportate all’art. 17 del Regolamento n. 38/2018 che riguarda il sistema di gestione dei rischi che deve includere strategie, processi e procedure idonee a individuare, misurare, valutare, monitorare, gestire e rappresentare i rischi di sostenibilità su base continuativa. Deve essere previsto, inoltre, che le politiche di sottoscrizione, di riservazione, di riassicurazione e delle ulteriori tecniche di mitigazione del rischio tengano conto anche dei rischi di sostenibilità. L’articolo 38, inoltre, dispone che la funzione attuariale debba rilasciare un parere sulla politica di sottoscrizione tenendo conto del potenziale impatto dei rischi di sostenibilità sulla redditività degli investimenti. Gli artt. 40 e 56, infine, dispongono che le politiche di remunerazione – anche relative alla rete distributiva e degli intermediari – siano coerenti e tengano conto dei rischi di sostenibilità e compensi e incentivi siano coerenti con l’integrazione dei rischi di sostenibilità nel complessivo sistema di gestione dei rischi. Per i nuovi prodotti, si dovrà tener conto dei rischi di sostenibilità, nella loro progettazione e nel calcolo del relativo premio richiesto.

Le modifiche più interessanti per le reti distributive, vengono riportate nel Regolamento n. 40/2018 attraverso la previsione, innanzitutto, delle nuove definizioni di “fattori di sostenibilità” (ex art. 2, punto 24 SFDR; di “preferenze di sostenibilità” (art. 2, punto 4, del R.D. 2017/2359) e di “rischi di sostenibilità” (art. 1, punto 55-quater, del R.D. 2015/35). I distributori devono tener conto delle “preferenze di sostenibilità” del cliente anche per quanto riguarda la disciplina dei conflitti di interesse nell’intermediazione degli IBIPs e diviene necessario integrare la normativa pre e contrattuale con il SFDR, ampliando la disclosure ai rischi di sostenibilità.

La valutazione di adeguatezza viene coordinata con le eventuali preferenze di sostenibilità manifestate – a seguito di esplicita richiesta – dal contraente, anche solo potenziale e, in caso di consulenza, si deve avere particolare cura nello spiegare e far comprendere i rischi di sostenibilità sottostanti i prodotti offerti. È importante e innovativo sottolineare, come già ricordato, che nel caso in cui nessun prodotto di investimento assicurativo soddisfi le preferenze di sostenibilità manifestate dal contraente – e quest’ultimo decida volontariamente di adattare tali preferenze per procedere comunque all’acquisto del prodotto – la dichiarazione di adeguatezza deve riportare tale adattamento specificandone le ragioni.

Infine, le più rilevanti novità recate al Regolamento n. 45/2020 sopra ricordato, riguardano: nella definizione del TM i produttori devono considerare anche gli eventuali obiettivi legati alla sostenibilità dei clienti e – per quanto concerne la definizione del TM negativo[9] – si prevede che, solo per i prodotti che considerano i fattori di sostenibilità, i produttori non siano tenuti a effettuare la relativa individuazione (ma vale solo per la parte relativa ai fattori di sostenibilità !), lasciando così de facto una flessibilità molto più ampia nel collocamento del prodotto. Il manufacturer deve inoltre valutare se i costi e gli oneri da applicare, siano compatibili con gli obiettivi legati alla sostenibilità del TM di riferimento e – nell’ambito delle procedure adottate per individuare la rispondenza del prodotto agli obiettivi di sostenibilità manifestati dal cliente – il distributore deve verificare anche la non rispondenza a tali obiettivi nel tempo.

Le competenze necessarie per collocare prodotti “sostenibili” dovranno essere adeguate e aggiornate: direttive e criteri per presidiare le singole fasi del processo di approvazione dei prodotti assicurativi (c.d. Product oversight governance – POG), devono considerare test, monitoraggio e possibilità di riesame, tenuto conto, anche in tal caso, degli obiettivi di sostenibilità.

A CHE PUNTO SONO I NUOVI PRODOTTI

 Ancora oggi la conoscenza dei rischi e la loro valutazione non contempla, più di tanto, variabili di sostenibilità ESG: utilizzare questi (relativamente nuovi) parametri, tuttavia, può essere molto utile a ottimizzare la gestione del rischio, a evitare un atteggiamento eccessivamente prudenziale e conservativo, a effettuare scelte di investimento molto più consapevoli e, in ultima analisi non meno rilevante, a mitigare i rischi e le potenziali conseguenze. Per intraprendere questa strada serve però, innanzitutto, un diverso approccio culturale in grado di motivare profondamente coloro che svolgono tale ruolo sviluppando una conoscenza approfondita, cercando di comprendere la natura di questi dati e la loro stretta correlazione con la possibilità che l’evento dannoso previsto nella copertura assicurativa possa o meno avverarsi e secondo quale intensità e frequenza[10].

Come evidenziato, la direttiva IDD e i Regolamenti delegati, nell’ambito della POG, richiede la definizione di un TM di riferimento. Il manufacturer deve porsi una serie di domande concernenti il soddisfacimento dei bisogni e delle necessità della potenziale clientela, anche per quanto riguarda la determinazione e congruità del premio/prestazioni inserite nel prodotto: le basi tecniche utilizzate sono coerenti con il TM individuato? Sono stati eseguiti degli stress test sulle basi tecniche per verificare che i benefici derivanti dalle prestazioni connesse al prodotto siano in linea con la definizione del TM individuato? Si tiene conto delle caratteristiche del rischio in tutte le sue potenziali conseguenze?

Nel 2019, EIOPA ha pubblicato l’Opinion on Sustainability within Solvency II[11]. L’Opinion aveva, tra gli altri obiettivi, quello di esprimersi sul livello con cui le attuali pratiche di design e pricing dei prodotti tengono in considerazione i fattori di sostenibilità, in particolare il cambiamento climatico (CC). Secondo l’Autorità di vigilanza l’aumento dei rischi derivanti dal cambiamento climatico potrebbero renderli, nel medio-lungo termine, meno convenienti da assicurare, contribuendo ad allargare il protection gap. In tale contesto, le compagnie dovrebbero contribuire all’adattamento o alla mitigazione del cambiamento climatico, implementando il concetto di “Impact Underwriting“.

Tutto ciò comporta l’integrazione di aspetti ESG nelle decisioni e nelle strategie di sottoscrizione di rischi; lo sviluppo di nuovi prodotti aventi come obiettivo quello di arginare i rischi del CC e di  promuovere comportamenti virtuosi nella mitigazione di tali tipologie di rischio; l’adattamento nel design e nel pricing dei prodotti esistenti, incorporando ipotesi di pricing forward-looking; l’offerta di consulenza in materia di rischi destinata ai clienti business per sviluppare la  prevenzione dei rischi; l’impegno per stimolare la consapevolezza e la valutazione di tali tipologie di rischi, la resilienza ad eventi  catastrofici e le strategie di adattamento e mitigazione.

UN CONCRETO ESEMPIO NEL SETTORE IMMOBILIARE

Tradizionalmente il valore di un immobile, utilizzato per la determinazione del premio di rischio, tiene conto nel modello di valutazione, esclusivamente di parametri di tipo finanziario. Tuttavia già nel recente passato sono stati fatte proposte che integrano il (solo) parametro finanziario con elementi che permettono di descrivere il valore da un punto di vista fisico e funzionale, con indicatori di sostenibilità per l’impatto ES (ambientale e sociale).

Gli esperti immobiliari e i consulenti solitamente ignorano del tutto questi elementi: esiste l’obbligo di indicare la classe energetica, ma nulla di più. Il mercato, invece, richiede (e la tendenza sarà sempre più evidente) edifici verdi e sviluppo sostenibile. Attraverso l’utilizzazione dei criteri ES per la stima del premio di rischio, nel processo di valutazione e, in generale, in quello conoscitivo, si può determinare un nuovo approccio anche dal punto di vista assicurativo[12].

In generale, per l’attività e la gestione di asset immobiliari sostenibili, tre fattori potenziali sono importanti: modelli di consumo, tecnologia di produzione e “procedure di valutazione verdi” nell’analisi del rischio. Ad esempio la localizzazione dell’immobile ha un impatto significativo sulla determinazione del prezzo: tuttavia questo deve valere anche sotto un profilo assicurativo, sempre più specifico e dettagliato. La gestione sostenibile del rischio si coniuga, infatti, con una tendenza in crescita volta a richiedere prestazioni ambientali e sociali sempre più elevate, sia da parte del cliente finale sia da parte degli investitori. Gli immobili che, nel prossimo futuro, non presenteranno caratteristiche ES verranno difficilmente assorbiti, non incontrando di fatto le aspettative della domanda, avranno un valore ridotto, un aumento dei periodi di sfitto, una struttura di costo di esercizio e di manutenzione più pesante.

Per contro, gli immobili green favoriscono un allungamento della vita utile dell’immobile, un alleggerimento dei costi operativi, la minimizzazione dello sfitto e la stabilizzazione di un rendimento positivo (meno influenzato, per esempio, dalle oscillazioni di prezzo dell’energia)[13]. Tutto ciò influenza certamente anche la politica di determinazione del premio assicurativo in quanto un immobile “green” può rappresentare probabilmente un indice di rischiosità inferiore (polizza incendio, ad esempio, ma forse anche nella RC).

Le domande da porsi, pertanto – non dovrebbero limitarsi a conoscere quale sia il valore dell’immobile da ri-costruire in caso di evento dannoso. Mentre per il prezzo dell’immobile si può far riferimento ANCHE a caratteristiche NON strutturali, per la determinazione del premio, invece, i fattori ES dovrebbero essere sempre più rilevanti al punto da incidere sostanzialmente sulla determinazione del premio.

Ben più utile dovrebbe essere, ad esempio, sapere se ci si trovi in presenza di possibili rischi alluvionali o esposti a eventi atmosferici estremi. O quali siano le opere di resilienza che la Pubblica amministrazione e l’assicurato abbiano realizzato. Oppure: esiste una “politica” di partnership pubblico/privata nella gestione del territorio? Si è in presenza di una forma di co-gestione dell’immobile da parte di coloro che lo occupano (gestione energetica, idrica o dei rifiuti)? Che tipo di impianti di generazione energetica sono presenti? In che modo nell’analisi preassuntiva del rischio l’assicuratore può aiutare l’assicurando ad accrescere la propria consapevolezza del rischio? Sussiste una (reale) convergenza di interessi tra conduttore e proprietario nella gestione dell’immobile? Gli immobili sono locati a dipendenti nell’ambito di un piano di welfare aziendale? Il canone di locazione (o degli oneri condominiali) è legato alla riduzione dei consumi?… E così via…

Dalle considerazioni espresse può essere agevole trarre analoghe considerazioni per altre tipologie di rischio, ad esempio per la rc Auto o le garanzie correlate ai rischi alla persona, ecc.. Una “mobilità sostenibile” che si basa su mezzi di trasporto condivisi e che prescinde dalla proprietà del veicolo, ad esempio, potrebbe essere considerata diversamente valorizzando la componente ES come fattore integrante la valutazione del rischio. Oppure, modalità di lavoro e stili di vita differenti (ad esempio nella scelta del regime alimentare …), che possono influire sulle condizioni di salute degli individui e sull’impatto complessivo generato o subito verso/da fattori ES, potrebbe diventare un parametro su cui basare un’offerta innovativa di prodotto..

LA RILEVANZA DI TECNOLOGIE E INTERNET DELLE COSE

Le tecnologie digitali – che consentono la trasmissione di grandi quantità e varietà di dati in tempo reale – possono trasformare radicalmente le modalità di classificazione degli assicurati in funzione del rischio, passando dalle metodologie tradizionali a un approccio di tipo dinamico e prospettico, che riclassifica potenzialmente nel continuo il profilo di rischio dell’assicurato…può incentivare dinamiche virtuose, in grado di incidere sul livello generale della sinistrosità attraverso la diffusione di condotte prudenti e attente ai consumi.

 Tra l’altro, “…nel settore assicurativo l’impatto dell’innovazione digitale, opera ai vari livelli della catena del valore… ne possono derivare maggiore efficienza e riduzione dei costi nelle operazioni aziendali, l’innovazione dei prodotti assicurativi, lo sviluppo dei premi personalizzati… nuove modalità di distribuzione e assistenza post vendita con l’uso di device connessi, l’ingresso di nuovi operatori e la revisione del business model delle imprese già operanti[14].

NUOVO RUOLO PER INTERMEDIARI E BROKERS 

Scegliere di avvalersi di un Broker assicurativo permette a un potenziale cliente/assicurando di disporre di soluzioni assicurative quanto più efficaci, efficienti ed economiche possibili in rapporto a quanto l’offerta sia in grado di offrire e recepire, ottenendo così una sintesi tra le innumerevoli e diversificate proposte di polizza e di servizi disponibili. Le migliori soluzioni assicurative possono essere individuate e proposte, infatti, (solo) da un consulente specializzato che sia costantemente a conoscenza degli orientamenti delle imprese di assicurazione, tenuto conto delle specifiche esigenze del potenziale cliente, e anche in grado di redigere contratti assicurativi sottoscrivibili dagli stessi assicuratori.

Viene allora spontaneo chiedersi: perché non associare a queste “tradizionali” competenze – comuni a tutti gli intermediari, ma specifiche, per i brokers – anche una maggior attenzione, competenza e sensibilità verso i temi ES (G) per conseguire una miglior comprensione delle aspettative del cliente e stimolare le imprese nel definire prodotti innovativi che valorizzino tali caratteristiche?

Le attività assicurative per le quali l’attività di (impact) underwriting può potenzialmente essere considerata abilitante, – ad esempio – per l’adattamento al CC[15], riguardano proprio gli ambiti più comuni di intervento dei Brokers[16] e si prestano a notevoli potenzialità soprattutto alla luce delle recenti crisi finanziarie, energetiche e sociali. In base alle richieste alle esigenze degli assicurati, i prodotti possono includere specifiche soluzioni di trasferimento del rischio, per la protezione da eventi di business interruption, contro altri fattori di perdita non derivanti da danni fisici, effetti a cascata e interdipendenze di rischi secondari o derivanti dall’interazione tra  rischi naturali e tecnologici,  guasti critici alle infrastrutture.

Il settore creditizio già oggi integra la valutazione meramente finanziaria con i fattori ESG per valutare il rischio di controparte nell’erogazione dei finanziamenti. Questa tendenza è dovuta non solo alla necessità di rispondere ad una crescente (e latente) domanda di servizi orientati in tale direzione, ma anche – e forse, in questa fase, soprattutto – per la spinta della regolamentazione e della vigilanza al rafforzamento dei presidi finanziari che, nel medio tempore, verranno sottoposti a forte stress proprio in conseguenza della crescita di rilevanza dei fattori di sostenibilità.

È chiaro che la stessa sopravvivenza di taluni settori merceologici, verrà pesantemente messa in discussione almeno se non si prenderà atto dei cambiamenti in essere. Di contro molte grandi opportunità si delineano già oggi se si considera la crescente attrattiva verso lavori e produzioni innovative[17] o anche solo ai profili operativi di implementazione del PNRR. Il Public procurement, infatti, diverrà un banco di prova molto rilevante anche in quest’ottica[18].

Gli intermediari assicurativi possono contribuire a sviluppare una maggiore consapevolezza sui rischi, rendendo più chiaro il livello di esposizione, tenendo conto anche dei fattori ESG, per definire un (più) corretto livello di mitigazione, sviluppare un adeguato programma di trasferimento assicurativo oppure definire una soglia di ritenzione del rischio che lo renda più sopportabile e meno oneroso, tramite suggerimenti mirati definendo così copertura e garanzie più stabili e durevoli nel tempo. Tutto ciò favorisce l’insorgere di nuovi indicatori (KPI) – soprattutto nelle aziende – che contribuiscono a migliorare la rendicontazione ambientale (ad esempio sulle emissioni prodotte dai processi produttivi), sociale (rapporto coi lavoratori e sugli stakeholder “esterni”) e sulla governance con un focus sugli obiettivi e sulle politiche aziendali, la sua regolamentazione interna e il controllo delle responsabilità, la condivisione delle informazioni e la formazione.

Gli intermediari saranno sempre più identificabili come “sentinelle” sul territorio degli assicuratori anche per quanto riguarda i rischi ESG che, per loro stessa natura, difficilmente riescono ad essere standardizzati e si caratterizzano per una forte componente geografica e localistica.

Alcune imprese (soprattutto le PMI, durante la recente pandemia) sembrano aver preso una direzione giusta, per lo meno per quanto riguarda l’attenzione verso la catena di fornitura e i propri lavoratori, che rappresentano gli asset più rilevanti dell’attività.

È tempo di estendere tale attenzione ai fattori climatici e energetici: alcuni prodotti assicurativi cominciano a tenere in considerazione, in termini di costo della copertura e di ampliamento delle garanzie, l’adozione di standard energetici e/o produttivi, l’utilizzazione di materiali bioarchitettonici nelle costruzioni e l’efficientamento energetico.

Tuttavia ancora manca un’azione coordinata complessiva che sia in grado di realizzare sinergie pubblico/private e dia una chiara indicazione sulla direzione che deve essere intrapresa. I prossimi anni segneranno una svolta determinante in senso positivo o negativo. La mancanza di un approccio culturale e olistico alla sostenibilità resta il principale ostacolo da rimuovere. Se riusciremo in questo intento avremo maggiori probabilità di accelerare il processo di cambiamento necessario a conservare e mantenere nel tempo le risorse del Pianeta.

Pietro Negri
Segretario Generale Aiba


[1] Cfr. art. 76, comma 2 Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 (SOLVENCY II)


[2] http://www.ania.it/it/info-polizze/auto/COME-SI-DETERMINA-IL-PREMIO-DI-ASSICURAZIONE.html

[3] Nell’ordinamento italiano, per “ramo” si intende la gestione della forma assicurativa corrispondente ad un rischio o ad un gruppo di rischi simili tra loro sia dal punto di vista dell’assunzione del rischio sia nella liquidazione del danno. Cfr. l’Allegato II, punti 10.1 e 10.2, dell’Atto delegato sul clima: (a) assicurazione spese mediche; (b) assicurazione protezione del reddito; (c) assicurazione di compensazione dei lavoratori; (d) assicurazione sulla responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli; (e) altre assicurazioni auto; (f) assicurazione marittima, aeronautica e trasporti; (g) assicurazione incendio e altri danni ai beni; (h) assistenza.

[4] Articolo 16 – Attività abilitanti. Si considera che un’attività economica contribuisce in modo sostanziale a uno o più degli obiettivi ambientali enunciati all’articolo 9 se consente direttamente ad altre attività di apportare un contributo sostanziale a uno o più di tali obiettivi, a condizione che: a) non comporti una dipendenza da attivi che compromettono gli obiettivi ambientali a lungo termine, tenuto conto della vita economica di tali attivi; b) abbia un significativo impatto positivo per l’ambiente, sulla base di considerazioni relative al ciclo di vita.

[5] La disposizione va letta insieme al Considerando n. 7 del Regolamento delegato n. 2021/1257, il quale specifica che “Per garantire che i prodotti assicurativi con fattori di sostenibilità restino facilmente disponibili anche per i clienti che non hanno preferenze di sostenibilità, le imprese di assicurazione e gli intermediari assicurativi che realizzano prodotti assicurativi non dovrebbero essere tenuti a identificare gruppi di clienti le cui esigenze, caratteristiche e obiettivi non sono compatibili con il prodotto assicurativo con fattori di sostenibilità”. Dal combinato disposto dell’articolo 5 e del considerando 7 del Regolamento emerge, quindi, che l’esenzione dall’individuazione del TM negativo riguarda solo i profili di sostenibilità: il cliente che non ha preferenze di sostenibilità non rientra nel target negativo per il solo fatto di non avere tali preferenze, ma va considerato “neutrale” rispetto ad esso.

[6] …ossia un investimento in una o più attività economiche considerate ecosostenibili … se: a) contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di uno o più degli obiettivi ambientali di cui all’articolo 9, in conformità degli articoli da 10 a 16; b) non arreca un danno significativo a nessuno degli obiettivi ambientali di cui all’articolo 9, in conformità dell’articolo 17; c) è svolta nel rispetto delle garanzie minime di salvaguardia previste all’articolo 18; e d) è conforme ai criteri di vaglio tecnico fissati dalla Commissione ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, dell’articolo 11, paragrafo 3, dell’articolo 12, paragrafo 2, dell’articolo 13, paragrafo 2, dell’articolo 14, paragrafo 2, o dell’articolo 15, paragrafo 2

[7] Ai sensi dell’art. 2, punto 17, del Regolamento SFDR è “sostenibile” un “investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse concernenti l’impiego di energia, l’impiego di energie rinnovabili, l’utilizzo di materie prime e di risorse idriche e l’uso del suolo, la produzione di rifiuti, le emissioni di gas a effetto serra nonché l’impatto sulla biodiversità e l’economia circolare o un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale, in particolare un investimento che contribuisce alla lotta contro la disuguaglianza, o che promuove la coesione sociale, l’integrazione sociale e le relazioni industriali, o un investimento in capitale umano o in comunità economicamente o socialmente svantaggiate a condizione che tali investimenti non arrechino un danno significativo a nessuno di tali obiettivi e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance, in particolare per quanto riguarda strutture di gestione solide, relazioni con il personale, remunerazione del personale e rispetto degli obblighi fiscali;”

[8] https://www.eiopa.europa.eu/media/news/eiopa-publishes-guidance-integrating-customer%E2%80%99s-sustainability-preferences-suitability_en

[9] ossia, come già ricordato, le categorie di potenziali clienti a cui il prodotto non è consigliabile in quanto non adatto alle loro caratteristiche definite dal target market positivo del produttore e del distributore (se non coincidente con quello del produttore).

[10] Un esempio correlato alla c.d. Microassicurazione è riscontrabile in P. Wrede, C. Phily, Pricing for microinsurance a technical guidehttp://www.impactinsurance.org/sites/default/files/MI%20Pricing%20Guide%20FINAL.pdf

[11] https://www.eiopa.europa.eu/sites/default/files/publications/opinions/2019-09-30_opinionsustainabilitywithinsolvencyii.pdf

[12] D’Amato, Maurizio & Kauko, Tom. (2012). Sustainability and risk premium estimation in property valuation and assessment of worth. Building Research and Information – BUILDING RES INFORM. 40. 174-185. 10.1080/09613218.2012.655069; Cfr. anche Semeraro, Patrizia & Fregonara, Elena. (2013). The impact of house characteristics on the bargaining outcome. Journal of European Real Estate Research. 6. .10.1108/JERER-12-2012-0030.

[13] Linee guida per l’investimento immobiliare sostenibile e responsabile – Forum finanza sostenibile italiano http://finanzasostenibile.it/wp-content/uploads/2016/08/1410_FFS_FRC_Linee_guida_SRPI.pdf

[14] Intervento di S. Rossi, Presidente di IVASS – 15 dicembre 2017 https://www.ivass.it/pubblicazioni-e-statistiche/pubblicazioni/att-sem-conv/2017/conv-1512/index.html

[15] Cfr. note 3 e 4

[16] Cfr. la pubblicazione ANIA “allontANIAmo I rischi” – ed. 2022 https://www.ania.it/documents/35135/343180/AllontANIAMo+i+rischi+rimANIAmo+protetti+-+13.07.2022.pdf/5941c8f5-0787-2edb-1600-f94ef3301523?t=1657724333604

[17] Rapporto GreenItaly 2022, Fondazione Symbola ed Unioncamere. Nel 2021 si stima che le attivazioni di contratti green siano state superiori a 1.600 mila unità pari al 34,5% della totalità dei contratti attivati (+443 mila unità). Nel quinquennio 2017-2021, più di 1 impresa su 3 ha effettuato eco-investimenti, 2 imprese su 5 nell’industria manifatturiera, e da sottolineare come la forte crescita degli investimenti delle imprese nelle aree in ritardo (Centro e Mezzogiorno) ha di fatto ridotto gli squilibri territoriali rilevati nelle precedenti indagini https://www.symbola.net/ricerca/green-italy-2022/

[18] Cfr. recente parere ANAC sulla diversità di genere delle aziende che intendono partecipare a gare pubbliche di appalto nell’ambito del PNRR https://www.anticorruzione.it/-/dal-27-luglio-in-vigore-obbligo-di-comunicazione-dati-su-pari-opportunit%C3%A0-generazionali-e-di-genere

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