cronache da salone.sri 2025

Greenwashing, tra identità Esg e rischio legale

10 Dic 2025
Notizie Compliance Commenta Invia ad un amico
La conferenza di Fivers ha mostrato che il greenwashing è un rischio legale che richiede governance solida, competenze Esg e una disclosure coerente. Dal confronto con Swisscanto, Impact sgr e Mediobanca emerge anche la necessità di colmare lo skill gap e ripensare il concetto stesso di greenwashing alla luce delle nuove normative

Il rischio di greenwashing è tornato al centro del dibattito tra operatori finanziari. Dal confronto emerge una linea comune: la sfida non è più solo normativa, ma riguarda la costruzione di un’identità Esg coerente, sostenuta da processi di governance e da competenze solide lungo tutta la catena del valore. Se ne è discusso nella conferenza “Greenwashing nella finanza: riconoscerlo e prevenirlo”, promossa da Fivers all’interno del salone.SRI 2025 e moderata da Luca Testoni, co-fondatore ET.Group e direttore ETicaNews ed ESG Business Review. Alla tavola rotonda hanno partecipato Francesco Di Carlo, socio fondatore e managing partner di Fivers; René Nicolodi, Head of Equities e Deputy Head of Asset Management di Swisscanto; Dario Mangilli, Head of Sustainability e membro del Comitato di Sostenibilità di Impact Sgr; e Stefano Alifano, Head of Compliance Conduct Oversight di Mediobanca.

RISCHIO SANZIONATORIO E RISARCITORIO

Secondo Francesco Di Carlo di Fivers, la spinta regolatoria non nasce con logiche punitive. «L’ambito in cui nasce non è repressivo», ha osservato. Le norme puntano invece a introdurre obblighi virtuosi di disclosure, utili non solo agli stakeholder, ma anche alle imprese stesse per interrogarsi sulla propria identità Esg. «La transizione culturale è evidente: nella prima fase della Dnf molte quotate italiane hanno visto l’obbligo come un aggravio. Oggi l’atteggiamento è cambiato e la disclosure viene percepita come un asset competitivo, capace di intercettare investitori e rafforzare il posizionamento», ha sottolineato Di Carlo nel suo intervento iniziale.

Tuttavia, la qualità dell’informativa non è più un aspetto marginale. Di Carlo ha ricordato che, «nel caso delle quotate, comunicazioni scorrette possono generare anche illeciti penalmente rilevanti». Il rischio si estende alla dimensione risarcitoria, infatti «qualunque stakeholder che reputi di aver subito un danno da informazioni non corrette può avviare un’azione legale». Il messaggio lanciato è chiaro: il greenwashing non è più solo un tema reputazionale, ma un rischio legale e sanzionatorio integrato nei framework di vigilanza.

LO SKILL GAP E LA GOVERNANCE

René Nicolodi di Swisscanto ha individuato nella mancanza di competenze Esg uno dei principali fattori critici. «Parlo di un Esg skill gap», ha affermato. Le nuove normative richiedono capacità avanzate in funzioni che vanno dal risk management al marketing, «ma queste competenze oggi non ci sono: il divario apre alle distorsioni comunicative e alimenta rischi di greenwashing» ha sottolineato Nicolodi. La gestione del rischio passa dalla governance. Senza una struttura chiara nei processi di investimento e di produzione dell’informativa, il rischio di greenwashing diventa strutturale: «Se non c’è governance del processo, il rischio c’è. Il tema si collega direttamente alla capacità delle società di vigilare sulla coerenza tra scelte di investimento, criteri Esg applicati e comunicazione al mercato», ha spiegato Nicolodi.

IL GREENWASHING DA RIPENSARE

Per Dario Mangilli di Impact SGR, la definizione stessa di greenwashing va riletta alla luce del cambio di scenario. «Andrebbe ripensato a livello di prodotto», ha affermato. L’attenzione deve spostarsi su ciò che è scritto nei documenti precontrattuali e sulla corrispondenza con le strategie effettive. La complessità emerge in settori come quello della difesa, infatti Mangilli sottolinea che «diventa difficile argomentare che un prodotto con elevata esposizione alla difesa sia perfettamente compliant, eppure oggi è il caso».

LA CULTURA ESG

Stefano Alifano di Mediobanca ha evidenziato che «la normativa interna sul rischio di greenwashing interseca 16 normative interne e quasi 20 normative esterne». Un dato che mostra come il rischio sia trasversale a numerosi comparti regolatori, dal Tuf al Tub, fino ai regolamenti europei Sfdr, Csrd e oltre. Non a caso, Alifano ha richiamato il ruolo dell’investitore: «Deve esserci cultura dell’investitore, che deve capire che cos’è sostenibilità».

Guarda di seguito la registrazione integrale del panel di salone.SRI 2025 a Palazzo Mezzanotte del 19 novembre 2025
Tutte le registrazioni sono disponibili anche sul sito di salone.SRI

Giulia Bandini

0 commenti

Lascia un commento