Aviva Investors indica i fattori da monitorare

Cosa rende un’impresa resiliente in una crisi?

16 Lug 2020
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Visto l'impatto della pandemia di COVID-19 sulle economie globali, gli investitori azionari stanno concentrando sempre più l'attenzione sulla resilienza delle imprese. Ma cosa significa resilienza nel contesto attuale? E quali imprese sono resilienti?
La presente pubblicazione è rivolta unicamente alla clientela professionale, ai consulenti finanziari e agli investitori qualificati. Da non divulgare e usare come riferimento per i clienti privati.

La pandemia di coronavirus ha scosso i mercati e perturbato i modelli di business in tutto il mondo. Una delle conseguenze della crisi è stata una rinnovata attenzione su ciò che rende un’impresa resiliente: dalle dimensioni del debito alla continuità dei flussi di reddito. Ma la resilienza non è una qualità statica. Secondo Mikhail Zverev, Head of Global Equities di Aviva Investors, il significato di resilienza cambia in diverse condizioni di mercato. «Bisogna chiedersi: resilienti da cosa?», dichiara. «Come la qualità, la resilienza potrebbe apparire un concetto assoluto, ma dipende dal contesto».

VINCITORI E PERDENTI

Nel contesto attuale, la resilienza di un’impresa dipende dall’interazione tra i fondamentali dell’azienda e le dinamiche in rapida evoluzione dell’attività economica e del comportamento dei consumatori nel mezzo della perturbazione causata dal coronavirus.

Nelle prime fasi della crisi sono emersi chiaramente dei vincitori e dei perdenti. Con il turismo globale che si sta praticamente fermando, il settore dei viaggi e del tempo libero (compagnie aeree, hotel, casinò, navi da crociera ed eventi) ha subito un impatto molto forte. Per contro, le aziende di software hanno beneficiato dell’aumento della domanda di piattaforme di streaming e networking durante il lockdown.

Anche se gli investitori non potevano certo prevedere l’insorgenza della pandemia, avrebbero dovuto essere in grado di individuare le vulnerabilità sottostanti nei settori più colpiti. Il settore dei viaggi e del tempo libero era ben lungi dall’essere resiliente: a metà del 2019, un report di KPMG ha rilevato che quasi il 12 per cento delle imprese britanniche di questo settore poteva essere classificato come “aziende zombie”, con fatturato statico o in calo, bassa redditività, margini ridotti, riserve di cassa limitate e un forte indebitamento. Analogamente, i produttori indipendenti di petrolio statunitensi erano fragili prima del recente crollo dei prezzi dell’energia.

BILANCI E RISERVE DI LIQUIDITÀ

I problemi in questi settori servono a evidenziare l’importanza di bilanci solidi e di livelli di indebitamento gestibili. Il mercato azionario è stato particolarmente rapido a punire le imprese il cui debito include covenant che si sarebbero attivati con un netto calo dei ricavi, costringendole a raccogliere capitale.

«Se una società è molto indebitata (in particolare debito con covenant) e le sue entrate sono scese quasi a zero, le sue azioni avranno avuto un andamento estremamente deludente», spiega Giles Parkinson, Global Equities Fund Manager di Aviva Investors. Per contro, le grandi imprese dominanti hanno maggiori possibilità di sostenersi da sole durante la crisi, in quanto tendono a mantenere accesso ai mercati del debito a tassi accessibili, consentendo loro, se necessario, il rollover delle passività esistenti.

Ancora più forti saranno le imprese che negli ultimi anni hanno accumulato ingenti riserve di liquidità. Il gigante tecnologico Apple, ad esempio, dispone di una montagna di liquidità di oltre 200 miliardi di dollari: ciò significa che dovrebbe essere in grado di continuare a investire in personale, marketing e iniziative importanti di ricerca e sviluppo nel corso della pandemia, e potenzialmente assorbire rivali indeboliti, se si presenta l’opportunità.

Un recente studio ha raccolto i dati relativi ai costi di assicurazione del debito, ai livelli di indebitamento e alle riserve di liquidità delle imprese per creare una classifica delle aziende globali più resilienti. I colossi tecnologici e farmaceutici hanno dominato la classifica.

CATENE DI FORNITURA: DALL’EFFICIENZA ALLA RESILIENZA?

Tuttavia, alle imprese non bastano riserve di liquidità e bilanci solidi per sopravvivere a una crisi; gli investitori azionari stanno esaminando attentamente l’impatto sulle catene di fornitura.

Alistair Way, Head of Emerging Market Equities di Aviva Investors, afferma che per gli investitori è particolarmente importante monitorare lo stato delle catene di fornitura internazionali, date le notevoli differenze nella gravità della pandemia, e nelle risposte dei governi, in vari paesi e regioni. Way cita Hon Hai, fornitore di Apple con sede in Cina, come esempio di un’impresa che ha fatto attenzione a crearsi una base di clienti adeguatamente diversificata. L’attività principale di Hon Hai, ossia l’assemblaggio degli iPhone Apple, può essere vulnerabile se la domanda di dispositivi consumer rallenta. Ma, grazie all’impegno congiunto della dirigenza per espandere la sfera di attività negli ultimi anni, l’azienda realizza anche infrastrutture per le telecomunicazioni, server e apparecchiature mediche. “Questa strategia oggi appare azzeccata”, spiega.

Le imprese con catene di fornitura complesse stanno ancora gestendo l’impatto immediato della pandemia e le implicazioni a lungo termine non sono ancora chiare. Tuttavia, è possibile che il modello di catena di fornitura “just-in-time”, che era diventato la norma durante gli anni di boom della globalizzazione, lasci spazio a un approccio “just-in-case” più conservativo con il rallentamento della pandemia, poiché le imprese cercheranno di aumentare le scorte per essere resilienti contro gli shock improvvisi.

ESG: UNA CHIAVE PER LA RESILIENZA AZIENDALE

L’attenzione ai fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) è un altro componente chiave della resilienza. Nessuna impresa che ignora i rischi legati ai fattori ESG può essere descritta come resiliente, considerando che il cambiamento climatico rappresenta ovunque una minaccia incombente ed esistenziale per i modelli di business.

Le imprese più consapevoli dei fattori ESG saranno più resilienti anche ai rischi specifici associati al COVID-19, come le vulnerabilità nelle catene di fornitura. Secondo Jaimie Ramos Martin, Global Equities Fund Manager di Aviva Investors, ciò è dovuto al fatto che tali imprese tendono ad adottare una visione più attenta e olistica delle proprie operazioni e di quelle delle aziende a cui sono associate. «Le imprese leader nei fattori ESG si stanno concentrando sulla resilienza e sulla sostenibilità dei loro modelli di business», spiega Jaimie Ramos Martin. «Prendiamo la gestione della catena di fornitura: per essere leader in termini ESG, le imprese avrebbero dovuto comprendere meglio quali erano l’impronta di carbonio e le pratiche di lavoro dei loro fornitori, il che le avrebbe preparate per il blocco causato dal COVID-19».

Politiche aggressive di elusione fiscale, cattive relazioni con i lavoratori e la comunità e risultati insufficienti in materia ambientale saranno più difficili da difendere in un mondo che ha affrontato le sofferenze collettive del COVID-19; le aziende che hanno dimostrato di essere disposte a fare la cosa giusta hanno maggiori possibilità di mantenere il proprio personale e i propri clienti.

Secondo Parkinson, è importante che, al momento di valutare la resilienza dei portafogli, gli investitori azionari tengano traccia di tali misure qualitative e agiscano per migliorarle coinvolgendo le dirigenze aziendali.

INVESTIRE NEL LATO GIUSTO DEL CAMBIAMENTO

Un recente studio di McKinsey ha rilevato che 1.000 società quotate in borsa hanno avuto successo durante una serie di crisi: è emerso come la capacità di adattarsi prontamente alle nuove condizioni fosse un segno distintivo delle imprese che ottenevano i risultati migliori.

Questa capacità di adattamento può assumere molte forme, ma si distinguono alcuni fattori ricorrenti. Il primo sono le persone; un personale flessibile, competente e fedele aumenta l’adattabilità e la resilienza di un’impresa. Il secondo è la diversificazione, sia in termini di clienti che di catene di fornitura. Il terzo è la liquidità; avere riserve importanti aumenta le probabilità che un’impresa superi le pressioni nel corso di una crisi. Il quarto è la cultura; una dirigenza solida, aperta al cambiamento e disposta a prendere decisioni difficili, ma socialmente responsabili, può migliorare in modo significativo la reputazione e i profitti di un’azienda. Insieme, questi elementi possono rendere un’impresa resiliente.

Tuttavia, visti i grandi cambiamenti nella società e nel mondo aziendale che saranno inevitabili a seguito del COVID-19, i fattori più importanti nel distinguere le imprese più deboli da quelle più forti potrebbero essere l’apertura e la capacità di cambiare. Dall’aumento del telelavoro alla crescente domanda di pagamenti senza contanti e di apparecchiature mediche all’avanguardia, le imprese resilienti stanno già pensando a come possono adattarsi e reagire.

«Bisogna pensare alla resilienza nel contesto del cambiamento», spiega lo studio. «Il cambiamento funziona in entrambi i modi; può essere un’opportunità e una minaccia. Questo perché il cambiamento crea inefficienza. Quando qualcosa sta cambiando in un’azienda, quando il futuro non è uguale al passato, è più probabile che il mercato sbagli valutazioni e prezzi, perché quando gli investitori non possono continuare a estrapolare dal passato, devono sforzarsi di più per mettere insieme tutto».

Bibliografia

Yael Selfin, “Zombies in our midst”, KPMG, 15 maggio 2019.

“The Pandemic shock will make big, powerful firms even mightier”, The Economist, 28 marzo 2020.

“Bubbles pop, downturns stop”, McKinsey & Co., maggio 2019.

 

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