Studio Mirova su rischi e opportunità esg nei beni di consumo

Le occasioni nel retail sostenibile

11 Set 2018
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Un’evoluzione sostenibile del settore del commercio al dettaglio dell’abbigliamento e dei beni di consumo è ancora soggetta a diverse criticità. Sono state individuate, nel tempo, alcune opportunità di sviluppo, ma si tratta di azioni ancora in fase embrionale o che rappresentano soltanto una piccola parte dei ricavi complessivi. Pesano, invece, i rischi sociali, ambientali e di governance, determinati da una domanda crescente di prodotti innescata da globalizzazione, crescita della popolazione mondiale ed esplosione del fenomeno del fast fashion. La non facile lettura di questi problemi è oggetto del paper “Consumption: Retail, Apparel and Household” di Francesca Suarez, del team Responsible investment research di Mirova asset management, che individua anche diversi “key indicator” rivolti alle aziende investite per trasformare il proprio modello di business in un modello sostenibile e circular. Al momento l’asset manager si spinge a un giudizio “neutro” sul settore, legato a impatti ancora bassi o, in ogni caso, non facilmente quantificabili.

LE OPPORTUNITÀ DI UN’ECONOMIA CIRCOLARE

Un primo focus del report riguarda, appunto, le opportunità connesse al passaggio dalla “linearità” che contraddistingue il settore del commercio al dettaglio dell’abbigliamento, a un modello di produzione circolare. «Le risorse non rinnovabili e rinnovabili – sottolinea l’analisi di Mirova – sono trasformate in prodotti che vengono principalmente inviati in discarica o inceneriti dopo l’uso. Inoltre, l’aumento della globalizzazione ha causato una diminuzione dei prezzi di questi prodotti», spostando il baricentro su una produzione sempre più ampia e un utilizzo maggiormente ridotto.

A fronte di questo impatto negativo, la società individua nell’economia circolare un’opportunità di sviluppo sostenibile per il settore: «per essere sostenibili e sopravvivere, le imprese dovrebbero riconsiderare l’attuale sistema lineare e trasformarlo in un sistema circolare attraverso l’innovazione e la collaborazione». Un ottimo spunto perché ciò sia messo in atto è dato dall’integrazione dei principi dell’eco-design, o l’incremento dell’utilizzo di materiale riciclato.
Gli indicatori chiave utilizzati da Mirova, per stabilire quanto le aziende sono “esposte” alle opportunità, sono: la percentuale di prodotti che vanta una certificazione da parte di enti terzi; la percentuale di prodotti che si affidano al design sostenibile; la quota di utilizzo di materiali riciclati. Perché le aziende siano in linea con quanto richiesto da Mirova è considerata un’esposizione “alta” quando le percentuali su indicate sono superiori al 50%, “significativa” quando si posizionano nella forbice tra il 10 e il 50, bassa o assente quando inferiore al 10 per cento. Le aziende con percentuali negative non sono annoverate tra le opportunità.

INDIVIDUAZIONE DEI RISCHI ESG

Oltre che le opportunità, il report affronta l’analisi dei rischi ambientali (impronta idrica, inquinamento) e sociali (diritti umani e condizioni di lavoro). E la supply chain è il punto dolente dell’analisi, perché spesso queste industrie presentano un sistema di fornitura complesso (vedi immagine) e più esposto a una mancanza di copertura da parte di certificatori e delle aziende finali stesse.

La corretta mitigazione e prevenzione di queste criticità richiede un programma completo di gestione della supply chain che includa: migliori relazioni con i fornitori chiave; maggiore tracciabilità dalla fase delle materie prime a quella della produzione e della fabbricazione; inclusione di clausole sociali e ambientali nei contratti; formalizzazione e implementazione di audit ambientali e sociali a livello di fornitore; e l’inclusione di criteri di sostenibilità nel processo complessivo di selezione dei fornitori.
Per quanto riguarda la terza gamba dell’Esg, la governance, l’analisi di Mirova rileva che le aziende di questi settori non sono «le più esposte a pratiche controverse da un punto di vista etico, ma è comunque importante che siano trasparenti per quanto riguarda le loro pratiche di lobbismo e le politiche e iniziative anticorruzione». La sostenibilità aziendale è, comunque, incentivata sia che essa venga realizzata tramite un approccio top-down (ossia la dirigenza che attua una strategia Esg), sia tramite un approccio bottom-up (quando i dipendenti sono incoraggiati a integrare la sostenibilità nella vita lavorativa).

UN GIUDIZIO NEUTRO

Sulla base di questi approcci, Mirova imposta un quadro di analisi e assegna un “giudizio di sostenibilità” al settore che può essere: negativo, se le società che lo compongono si oppongono fermamente al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile; di rischio, se rappresentano solo un ostacolo; neutro, se sono in linea con alcuni degli Sdgs, ma con impatti bassi o non quantificati; positivo, se contribuiscono positivamente al raggiungimento degli Sdgs; Impegnato, quando questo contributo è molto elevato.


Le imprese del settore commercio al dettaglio di abbigliamento e beni di consumo tendono ad avere un parere sulla sostenibilità “neutro”, in quanto non sono, in genere, esposte alle opportunità di sostenibilità individuate, mettono in atto pratiche di sostenibilità che rientrano negli standard di settore, ma non sono sufficientemente proattive da poter essere considerate positive. Le imprese positive sono quelle che hanno messo in atto iniziative che le hanno aiutato a mitigare meglio i loro rischi ambientali e sociali, come una maggiore tracciabilità della loro catena di approvvigionamento e delle materie prime e migliori relazioni con i loro fornitori. Le società valutate positivamente sono anche quelle che offrono prodotti efficienti dal punto di vista energetico che mirano ad aiutare i loro clienti a consumare meno energia durante la fase di utilizzo. Le imprese classificate come impegnate sono quelle che producono attrezzature sportive (ad esempio biciclette) necessarie per uno stile di vita più attivo.

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