Usa, clima “bollente” al Financial Stability Board
Il Financial Stability Board (Fsb) si trova ad affrontare forti differenze di vedute tra banchieri centrali e ministri delle finanze dei Paesi che lo compongono. Come riportato da Bloomberg News, che avuto modo di visionare il documento in anteprima, il dissenso interno ha portato a modifiche nel rapporto che descrive lo stato di avanzamento degli obiettivi climatici.
Dalla bozza del testo, che dovrebbe essere presentato nella sua versione definitiva al G20 entro la fine del mese, risulta che «vi è un’ampia gamma di opinioni sull’approccio, se esiste, che dovrebbe essere adottato nei confronti dei potenziali rischi finanziari legati al clima. Alcuni membri chiedono ulteriori approfondimenti, mentre altri ritengono sufficiente il lavoro già svolto». Il rapporto doveva essere approvato nella plenaria dell’Fsb tenutasi lo scorso mese a Madrid, ma proprio in quell’occasione un funzionario del Tesoro Usa ha minimizzato i rischi climatici, suscitando immediate critiche da Francia, Paesi Bassi e Canada. Evidenziando così ancora una volta la crescente frattura tra Europa e Stati Uniti sul ruolo del clima nella vigilanza finanziaria.
Per questo motivo il documento è stato in parte annacquato nella speranza di non far deragliare completamente la discussione. Ad esempio, invece di chiamarlo “rapporto sui progressi”, come nelle versioni precedenti, l’edizione del 2025 è descritta come un “aggiornamento”, mentre i riferimenti ai “progressi compiuti” nel raggiungimento degli obiettivi climatici sono stati sostituiti con “azioni intraprese”.
La presidenza sudafricana del G20 sta facendo pressioni affinché l’Fsb rispetti la roadmap sull’analisi delle vulnerabilità finanziarie e sullo sviluppo di pratiche di vigilanza e regolamentazione appropriate, definita nel 2021 dall’organismo stesso. Anche perché nel documento si legge che l’Fsb continuerà a coordinare il lavoro internazionale sui rischi finanziari legati al clima fino a quando i suoi membri, possibilmente sotto la direzione della leadership del G20, non ne chiederanno la cessazione. Ma nel 2026 la presidenza del G20 passerà proprio agli Stati Uniti, che sicuramente porteranno ulteriori attacchi all’ente cercando di circoscriverne il raggio d’azione.
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