Apple e minerali di guerra, controlli sul 100% della supply chain

6 Apr 2016
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Apple è arrivata a controllare il 100% dei suoi fornitori nell’uso dei minerali di guerra legati ai violenti conflitti delle milizie nella Repubblica democratica del Congo. Lo ha dichiarato la società in un report sulla supply chain (“Suppliers responsibility 2016 progress report”)

Il produttore dell’iPhone ha iniziato nel 2010 a rimuovere i minerali collegati a queste zone di guerra dalla sua supply chain e ha dichiarato che tutti i suoi 242 fonderie e raffinerie di stagno, tantalio, tugsteno e oro sono ora soggette a controlli di terze parti. Era il 44% nel 2013 e l’88% nel 2014. Il risultato è stato raggiunto attraverso una attività di engagement con la filiera attraverso lo strumento della persuasione e ha portato all’espulsione di 35 fonderie che si sono rifiutate di partecipare all’audit.

La società comunque non dichiara ancora che i suoi prodotti sono totalmente conflict-free. «La partecipazione in audit di terze parti da sola non è sufficiente – ha spiegato – alcune fonderie che hanno completato l’audit hanno minerali che provengono da miniere considerate coinvolte con gruppi armati».

Apple deve per legge controllare la supply chain in relazione alla presenza di minerali di guerra. La norma è nata dal Dodd-Frank Act del 2010 e punta a azzerare gli introiti dei violenti gruppi militari africani. Sono 1300 le società che ogni anno depositano presso la Sec il report sui minerali di guerra, rileva Bloomberg, ma in poche sono state in grado di mettere completamente sotto audit la catena di fornitura e determinare se i loro prodotti sono conflict-free. Solo una manciata sono stati in grado di dichiarare che vendono prodotti conflict-free: il produttore di microchip Intel e iòl fornitore di componenti elettrici Kemet.

 

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