paper Harvard Law School analizza il ruolo degli Attorney general

Climate disclosure a rischio negli Usa

30 Lug 2019
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A fronte del passo indietro federale, sono gli attorney general ad aver prestato crescente attenzione alla disclosure sul climate change. Ma aggressivi contenziosi potrebbero avere un effetto controproducente. Meglio mettere in campo sforzi mirati su quattro direttrici

Per le società oil e gas il climate change rappresenta un doppio fronte di attenzione negli Stati Uniti. Da un lato ci sono gli investitori che chiedono più informazioni nella convinzione che si tratti di un tema rilevante anche per la salute finanziaria dell’azienda. Dall’altro, gli sforzi regolatori messi in campo dagli attorney general (Ag), i procuratori generali degli Stati (che hanno un ruolo di consulenti legali), a fronte della marcia indietro del governo federale. Forse parallele che combinandosi potrebbero mettere a rischio il percorso di progressiva disclosure sul tema, invece che migliorarlo. A meno che gli Ag non evitino un approccio aggressivo di litigation ma mettano in atto sforzi mirati.

L’analisi emerge dal paper “Climate-Related Disclosure and Litigation Risk in the Oil & Gas Industry: Will State Attorneys General Investigations Impede the Drive for More Expansive Disclosures?” di Hana Veselka Vizcarra, avvocato alla Harvard Law School’s Environmental and Energy Law Program (EELP). «Facendo affidamento su principi legali diversi  ̶  si legge nel report  ̶  gli sforzi paralleli degli investitori e degli Ag potrebbero alla fine non andare nella stessa direzione, e potenzialmente impedire un miglioramento della disclosure».

L’analisi compie quindi un’ampia panoramica su entrambe le forze in gioco: descrive l’evoluzione del focus degli investitori sul clima e fornisce un background sulle leggi federali per le società quotate che disciplinano la disclosure; affronta gli sforzi federali non andati a buon fine nell’incoraggiare la disclosure e spiega l’ascesa delle investigazioni a livello statale; pone l’attenzione sulle tensioni che potrebbero crearsi in queste dinamiche.

Investitori e Ag seguono infatti approcci be distinti. Secondo l’analisi di Vizcarra, i primi hanno perseguito una politica fatta di enagagement diretto, pressione pubblica e iniziative da parte degli azionisti per incoraggiare maggiori informazioni. Un percorso che punta a migliorare la corporate governance delle aziende a beneficio, in definitiva, di tutti gli stakeholder coinvolti. A contrario, gli Ag non sono condizionati dalla preoccupazione per la salute finanziaria delle aziende o dal fiduciary duty verso i loro azionisti. Piuttosto, spiega Vizcarra, sono motivati dal dovere di proteggere i loro cittadini dalla perdita dei risparmi a causa di frodi o di investimenti imprudenti e si prefiggono inoltre obiettivi di politica più ampi. «Tuttavia la via del contenzioso è uno strumento spuntato che spesso ha conseguenze non volute», afferma Vizcarra ritenendo che, se gli investitori hanno avuto successo nell’influenzare la disclosure delle società energetiche, aggressivi contenziosi potrebbero minare il processo collaborativo in corso.

Gli Ag dovrebbero piuttosto mettere in campo sforzi mirati. E qui Vizcarra suggerisce un modello di azione sviluppato su quattro punti principali. Gli Ag dovrebbero:

  1. Mettere in evidenza la disclosure non adeguata e fissare nuove linee guida.
  2. Ingaggiare le società e riconoscere le sfide che hanno nell’affrontare questo percorso.
  3. Accompagnare gli sforzi investigativi con una campagna che spinga la Sec a far rispettare meglio la disclosure sul tema; emettere linee guida che incoraggino una disclosure più ampia e considerare requisiti di legge aggiuntivi.
  4. Cercare opportunità per creare precedenti legali su cosa un “investitore ragionevole” dovrebbe considerare importante in relazione ai rischi climatici
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