Indici di sostenibilità, l’Italia perde posizioni

1 Feb 2016
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L’Italia peggiora il proprio rating di sostenibilità. Secondo l’Environmental Performance Index (Epi) 2016, riportato da Repubblica e presentato il 24 gennaio a Davos in occasione dell’assemblea annuale del World economic forum (Wef), il nostro Paese è 29esimo in una classifica di 180, mentre nel 2014 era 22esimo e nel 2012 era addirittura nella Top 10, all’ottavo posto.

L’Epi (vai al download) è calcolato dai ricercatori della Yale University statunitense e dalla Columbia University, in collaborazione con il Wef. L’indice classifica la performance dei Paesi in termini di impatto ambientale. Si costruisce attraverso il calcolo di 20 indicatori raggruppati in due macro aree: salute dell’essere umano e protezione dell’ecosistema. Insomma, permette di comprendere quanto e in quale ambito ogni nazione si sta impegnando nella salvaguardia dell’ambiente. Sul podio quest’anno troviamo la Finlandia, l’Islanda e la Svezia, nazioni che hanno rispettivamente sostituito la Svizzera, il Lussemburgo e l’Australia.

In termini di risultati generali, il rapporto 2016 «rileva motivi di ottimismo ma anche di seria preoccupazione». «Le nazioni del mondo – si legge nella sintesi del rapporto – hanno aumentato l’accesso all’acqua e ai servizi sanitari, nonché creato aree protette quanto mai fatto sinora, tuttavia hanno fallito nell’invertire il degrado della qualità dell’aria e nel fermare la pesca indiscriminata».  L’accesso all’acqua viene indicato come «la maggior storia di successo», visto che il numero di persone senza acqua pulita si è quasi dimezzato dal 2000, a 550 milioni di individui (8% della popolazione mondiale).

Per contro, l’inquinamento dell’aria «è peggiorato, e oggi conta per quasi il 10% delle morti globali, contro il 2% legato ad acque cattive. Oltre 3,5 miliardi di persone (la metà della popolazione globale) vivono in nazioni con livelli insani di inquinamento dell’aria».

 

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