ET.DIRECTORIES - I REPORT DELLE ULTIME TRE SETTIMANE

Quelli che… studiano la sostenibilità/ 84

20 Mag 2022
Directories Tools & Research Commenta Invia ad un amico
Una selezione di studi e ricerche su business e finanza responsabili che ETicaNews ha incontrato nell'ultimo periodo. In questo numero: Nanyang Business School, Banca d'Italia, Aifi, Ibm Institute for Business Value, Common Wealth

Nella sua attività quotidiana, ETicaNews riporta o menziona con continuità ricerche, analisi, report sul business sostenibile e responsabile. Di seguito, riportiamo una selezione relativa alle ultime settimane, con una breve sintesi del contenuto e con un rimando al relativo articolo. Questi report sono una minima parte delle centinaia di ricerche che ETicaNews ha incrociato nel suo percorso, e che stiamo raccogliendo nelle nostre Directories, per offrire un riferimento unico ai professionisti dell’economia e della finanza responsabile. Il servizio Directories fa parte del pacchetto ET.pro.

ABBIAMO PARLATO DELL’ANALISI…

Climate regolatory risks and corporate bonds” (Nanyang Business School)

ARTICOLO: Le norme green alzano i rischi dei bond

I bond delle aziende poco sostenibili sono considerati più a rischio di default e pagano rendimenti più alti agli investitori in ragione della loro esposizione a rischi normativi attuali o attesi. Esiste una relazione significativa tra le performance di sostenibilità, misurate attraverso lo score Esg elaborato da Sustainalytics e i livelli di emissione registrati tramite il Carbon disclosure project (Cdp), e i rendimenti e i rating dei bond societari, misurati con il rating di Moody’s. Questo legame di causalità viene dimostrato empiricamente nell’articolo accademico “Cimate regolatory risks and corporate bonds”, il quale conferma che la scarsa performance ambientale delle società Usa fa peggiorare i rating di credito e aumentare il costo del capitale, soprattutto negli stati dove sono in vigore normative ambientali più stringenti e severe. Inoltre, nei rating di credito e nei rendimenti il mercato prezza anche i rischi normativi e i cambiamenti attesi nella normativa ambientale.

ABBIAMO PARLATO DEL RAPPORTO…

Rapporto sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici” (Banca d’Italia)

ARTICOLO: Bankitalia, i 4 indicatori Esg prospettici

La Banca d’Italia compie ulteriori passi in avanti nell’integrazione dei fattori Esg di sostenibilità nella gestione finanziaria dei rischi climatici e dettaglia la propria strategia di investimenti sostenibili. Nel report del 10 maggio “Banca d’Italia (2022)- Gli investimenti sostenibili e i rischi climatici”, l’autorità di vigilanza spiega che la sua strategia si traduce in una combinazione di diverse politiche di gestione del portafoglio e mostra come i suoi portafogli siano più ‘coperti’ dai rischi climatici rispetto agli indici di riferimento. Inoltre, Via Nazionale comunica gli indicatori prospettici integrati nella selezione e utilizzati per la gestione dei propri portafogli finanziari. Gli indicatori climatici prospettici di cui si avvale sono quattro: tre sono stati sviluppati dal dipartimento Esg Research di Msci, mentre l’ultimo è basato sulla Science-Based Targets’ Initiative (Sbti). Infine, Bankitalia descrive i cambiamenti apportati alla governance interna.

ABBIAMO PARLATO DELLA SURVEY…

Questionario AIFI ESG: Obiettivi raggiunti e prospettive future” (Aifi)

ARTICOLO: Art. 8 e 9, il private equity è già avanti

Gli operatori del private equity italiano dichiarano che il 37,5% dei fondi è classificato art. 8 e art. 9 ai sensi del Sfdr. Una percentuale che batte anche quella del mercato europeo dei fondi comuni d’investimento tradizionali, nel cui ambito, secondo le analisi di Morningstar, la percentuale di fondi art. 8 e 9 si attesta al 28,6%. È quanto emerge dalla survey somministrata dall’Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt (Aifi) a 350 operatori europei (di cui 45 italiani) di fondi private, con l’obiettivo di studiare la loro sostenibilità. I risultati, aggiornati a giugno 2021, sono pubblicati sul “Questionario AIFI ESG: Obiettivi raggiunti e prospettive future”. Alcuni dati interessanti sono le percentuali di fondi art. 8 e 9 posseduti dal private equity sul totale: rispettivamente 33,3% e 4,2%. La categorizzazione, indicata dal fondo stesso e dunque senza verifiche, mostra comunque un notevole impegno verso la sostenibilità.

ABBIAMO PARLATO DELLO STUDIO…

The resilient digital supply chain How intelligent workflows balance efficiency and sustainability” (Ibm Institute for Business Value)

ARTICOLO: Chief supply chain officer: imperativo Esg

I Chief supply chain officer considerano la sostenibilità una priorità aziendale. È quanto emerge dallo studio “The resilient digital supply chain How intelligent workflows balance efficiency and sustainability”, realizzato dall’Ibm Institute for Business Value in collaborazione con Celonis, intervistando 500 dirigenti della supply chain di aziende. L’indagine ha rilevato che due terzi dei dirigenti identificano la sostenibilità come un elemento fondamentale del valore aziendale. Il 70% degli intervistati ha detto di subire una pressione crescente a favore della sostenibilità dagli stakeholder. In risposta, il 78% sta incorporando pratiche commerciali sostenibili nelle attività funzionali di pianificazione della domanda e della supply chain; e il 72% sta pianificando di incorporare pratiche aziendali sostenibili nelle attività aziendali di procurement e sourcing. Oltre la metà si è detta disposta a sacrificare il profitto per migliorare i risultati di sostenibilità.

ABBIAMO PARLATO DEL PAPER…

The Passive Revolution” (Common Wealth)

ARTICOLO: Londra, fondi passivi “rifugio” dell’oil&gas

I fondi passivi potrebbero minacciare la transizione climatica del Regno Unito. A lanciare l’allarme è il think tank Common Wealth nel paper “The Passive Revolution”. Per il gruppo di esperti di finanza, i fondi passivi stanno aumentando sempre più la quota di fund ownership nelle società quotate d’Oltremanica e dominano soprattutto nel settore dei combustibili fossili: sono sulla buona strada per superare, nel giro di qualche anno, i fondi gestiti attivamente nell’industria oil&gas del Paese. Il report esplora il rischio che la costante crescita di strategie di investimento passive nel Regno Unito possa creare «un’inerzia di stewardship». Common Wealth punta il dito contro gli indici e le società che li forniscono: fintanto che negli indici seguiti dai fondi passivi saranno incluse società nel settore dei combustibili fossili, i mutual fund e gli Etf rischiano di diventare i «detentori di ultima istanza» delle società oil&gas, facilitando loro l’accesso ai capitali.

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