Il governo britannico attiva un gruppo di esperti

Londra vuole la sua Tassonomia “soft”

24 Giu 2021
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Il Regno Unito ha dato vita al Green Technical Advisory Group, un comitato di esperti incaricato di elaborare una proposta di tassonomia contro il greenwashing finanziario nella City di Londra. Soprattutto, una tassonomia alternativa a quella Ue

Il Regno Unito vuole la sua Tassonomia green sulla scorta di quanto realizzato dall’Ue. Per realizzarla, il ministero delle Finanze britannico ha costituito un nuovo comitato tecnico di esperti, il Green Technical Advisory Group, con il mandato di preparare una proposta complessiva sui criteri che definiscano le attività economiche sostenibili e di svilupparne in seguito i dettagli tecnici necessari all’implementazione. L’iniziativa servirà a dare le gambe all’agenda del Regno Unito per la finanzia sostenibile e gli obiettivi nazionali di azzeramento delle emissioni di gas serra. Un’agenda su cui Londra sta moltiplicando i suoi sforzi per recuperare una leadership a livello internazionale nella finanza green, dopo la Brexit e la ridefinizione del sistema di regolamentazione finanziaria per la City al di fuori dell’edificio normativo dell’Ue. Ma questa riscossa “verde” britannica non è priva di rischi ed ombre per il futuro della finanza sostenibile: almeno a giudicare dalla definizione dei compiti che il governo Johnson ha assegnato al gruppo di esperti.

Una tassonomia “soft”?

Il Green Technical Advisory Group è incaricato di fornire il proprio parere non vincolante al governo in merito ai requisiti scientifici e tecnici per la costruzione e applicazione di una Tassonomia sulle attività sostenibili che contribuisca «a facilitare scelte di investimento maggiormente consapevoli», come si legge nel comunicato.

Nello specifico, le raccomandazioni richieste al comitato di esperti dovranno riguardare anzitutto l’approccio generale per una tassonomia made in Uk utile agli investitori attenti alle tematiche della sostenibilità, ma che sia allo stesso «utilizzabile e percorribile» dall’industria finanziaria e non. Un indirizzo ribadito anche esplicitamente nel corso del comunicato, quando si precisa che i requisiti della Tassonomia dovranno non solo tenere conto della necessità per gli investitori di una maggiore trasparenza in materia di sostenibilità, ma anche del bisogno di introdurre un “onere proporzionato” per le imprese.

Le precisazioni del ministero delle Finanze non possono passare inosservate, in particolare quando si consideri l’acceso dibatto, ancora tutt’altro che spento, a livello europeo fra chi vuole un’applicazione fedele di criteri e soglie della Tassonomia frutto del consenso scientifico fra gli esperti, e gli interessi economici legati all’industria del carbone che spingono per annacquarli. In questo senso, il governo britannico sembra chiarire subito che la sua tassonomia sarà sì basata sul parere di scienziati ed esperti, ma senza trascurare le ragioni della City di Londra e dell’industria britannica.

I rischi di una “competizione” fra tassonomie

Se simili caveat si tradurranno in un approccio “morbido” della tassonomia britannica nei confronti dei suoi interessi finanziari e industriali, ancora significativamente esposti ai settori legati ai combustibili fossili, i rischi per i futuri sviluppi della Tassonomia Ue e in generale per la governance internazionale della finanza sostenibile non sono difficili da immaginare.

La tassonomia britannica costituirebbe infatti un secondo standard internazionale, in competizione con quello Ue, cui faranno riferimento i maggiori attori globali della finanza ancorati all’orbita della City di Londra. Uno standard quindi assai influente e più “soft” che potrebbe essere preferibile agli occhi dell’industria finanziaria, anche europea, minando i futuri sviluppi della stessa Tassonomia Ue sul versante della qualità scientifica dei suoi criteri e requisiti tecnici. Una competizione “al ribasso” fra tassonomie green che rischierebbe di aprire maggiori spazi al greenwashing e generare confusione fra gli investitori.

 La composizione del gruppo

La lista degli esperti convocati come membri del Green Technical Advisory Group vede un bilanciamento nella rappresentanza del mondo accademico, degli interessi imprenditoriali e delle organizzazioni della società civile. A presiedere il gruppo sarà Ingrid Holmes, del Green Finance Institute, la principale piattaforma pubblico-privata nel Regno Unito sui temi della finanza sostenibile. Come esponenti del mondo finanziario impegnati nella sostenibilità troviamo rappresentanti dell’Institutional Investors Group on Climate Change, della Uk Sustainable Investment and Finance Association e dell’International Regulatory Strategy Group. Per il settore corporate non finanziario il gruppo vedrà la partecipazione di un esponente della confederazione dell’industria britannica (Cbi) e dell’associazione per il green business Aldersgate Group.

Saranno sei i membri che rappresentano istituti e società esperte sui dati Esg, fra cui Bloomberg e il Climate Bonds Initiative, mentre a portare il punto di vista di centri di ricerca accademici saranno cinque esperti, fra cui un rappresentante della nuova Taskforce on Nature-Related Financial Disclosures (iniziativa sponsorizzata dall’industria finanziaria). Infine, solo due esperti proverranno dal mondo delle organizzazioni non governative ambientaliste, rappresentando il Wwf britannico e l’associazione E3g.

I prossimi passi

Il ministro per i servizi finanziari, John Glen, ha inoltre annunciato la costituzione di una commissione ad hoc sulla transizione energetica, all’interno del nuovo gruppo di esperti, che fornirà raccomandazioni sulle tecnologie basate sull’idrogeno, sulla cattura, uso e stoccaggio del carbone e sull’energia nucleare.

Nel programma delineato dal governo, il mandato e composizione del Green Technical Advisory Group saranno aggiornati dopo due anni dal suo avvio. Nel primo anno di attività il gruppo di esperti si riunirà ogni tre mesi.

Giuseppe Montalbano

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