et.intervista/120 - Paola Schwizer, presidente Nedcommunity

«Csr integrata, asset di lungo periodo»

17 Feb 2016
Interviste Companies & CSR Commenta Invia ad un amico
L'Integrated Governance Index lanciato da ETicaNews con TopLegal rappresenta uno strumento utile per aumentare la consapevolezza. L'osservatorio coinvolge gli amministratori indipendenti per valutare il vissuto all'interno del cda sui temi della sostenibilità

L’EVENTO È STATO SPOSTATO AL 23 GIUGNO 2016

Logo_IGI_bluNon uno strumento predittivo né prescrittivo. Ma un input per aumentare la consapevolezza, per capire in che direzione andare nell’affrontare  minacce e rischi che sono ancora intangibili, difficili da valutare. Per Paola Schwizer presidente di Nedcommunity, intervistata da ETicaNews, l’indice sull’integrated governance rappresenta uno  strumento utile per favorire un salto di qualità nella governance aziendale. L’indice è stato lanciato da ETicaNews insieme a  TopLegal  con il supporto tecnico di NedcommunitySodali e Methodos all’interno del primo osservatorio sulla governance della sostenibilità, i cui risultati verranno presentati il 24 maggio nella “Integrated Governance Conference”.

L’osservatorio è costruito su tre diverse dimensioni: la prima riguarda il punto di vista delle società e riflette le scelte anche di carattere organizzativo per il presidio dei temi Esg;  la seconda il punto di vista degli amministratori indipendenti; e la terza riguarda il punto di vista degli investitori istituzionali, che giocano un ruolo chiave nel presidiare questi temi. Sul fronte dei consiglieri, Nedcommunity ha proposto la riflessione ai propri associati per capire ciò che effettivamente avviene all’interno dei consigli di amministrazione. 

Qual è l’importanza di una governance della sostenibilità?

La risposta è riassumibile nel bel titolo dell’intervento del capo economista della Bank of England, Andy Haldane: “Who owns the company?”. Due sono le prospettive che si contrappongono: quella dell’azionista e quella dello stakeholder. In questa seconda prospettiva l’impresa nel proprio operato non deve solo cercare di soddisfare le attese degli azionisti nell’immediatezza, ma deve darsi obiettivi di lungo periodo per creare valore per tutte le categorie di portatori di interesse. Per farlo l’impresa deve definire una propria visione integrata che parta da un’analisi di lungo periodo dei rischi emergenti (mutamenti climatici, cambiamenti nei comportamenti dei consumatori, temi legati alla mobilità, alla dimensione geopolitica). Ci sono tante grandi tendenze che sono alla base di una riflessione più ampia sul ruolo dell’impresa nel lungo periodo. Questa analisi dovrebbe ispirare scelte strategiche dell’impresa nel medio lungo termine. E nel fare questo l’azienda dovrebbe valutare che tipo di governance darsi, che tipo di persone mettere nelle posizioni chiave, che organizzazione avere, con una visione di lungo periodo che spesso viene trascurata rispetto a una di breve.

Perché un indice che misuri la governance della sostenibilità?

Esistono minacce e rischi che sono ancora intangibili, difficili da valutare; l’indice è un input per capire in che direzione andare. Nel concreto, avere una governance integrata significa cambiare in parte i metodi di lavoro del cda. Non è possibile svolgere un’analisi dei mega-trend nelle normali sedute del consiglio. Occorre creare momenti di riflessione ad hoc, occasioni di confronto dedicate, magari invitando esperti esterni. Certo questo dilata i tempi di lavoro, ma non è tempo sprecato, semmai un investimento per un miglior presidio della funzione di indirizzo strategico del cda. Un’altra soluzione può essere quella di creare un comitato scenari, composto da persone con competenze differenziate che possano analizzare le evoluzioni di scenario e il relativo impatto sul business dell’impresa. Così come è utile la misurazione delle performance aziendali su diverse dimensioni di valore (pensiamo ai capitali del bilancio integrato, come quello reputazionale, ambientale, etc.), non solo sui valori economico-finanziari. La stessa cosa deve avvenire su una prospettiva di medio-lungo termine. È difficile vedere invece dei piani strategici di grande rottura, la prospettiva backward looking deve essere integrata da una forward looking. Con tutte le cautele del caso, sono convinta che l’indice possa essere uno strumento utile per favorire un salto di qualità nella governance aziendale.

La visione di lungo periodo trascurata a favore di una di breve, è un tema recentemente sollevato anche da nomi pesanti come Blackrock.

È interessante leggere la lettera che Larry Fink, il ceo di BlackRock, ha inviato agli amministratori delegati dell’S&P500 e alle grandi imprese europee. Fink dice che «mancano agli investitori delle informazioni chiave sulle strategie di lungo termine». Lui richiama proprio la responsabilità dei cda che dovrebbero non solo condividere con il management gli obiettivi di lungo periodo, ma anche presidiarli. In questo caso è chiaro che i consiglieri, soprattutto quelli indipendenti, dovrebbero giocare un ruolo chiave: sono coloro che devono seguire questi temi e indirizzare l’operato del management della società. Ed è per questo che noi abbiamo deciso di proporre la riflessione ai nostri amministratori indipendenti attraverso la partecipazione all’indice. E su queste riflessioni sul lungo periodo, che non riguardano solo la sostenibilità, abbiamo organizzato anche la nostra prossima assemblea annuale, il 18 maggio.

L’indice può rappresentare uno strumento di dialogo con gli investitori?

L’indice è uno strumento di presa di consapevolezza, non darei un peso né predittivo né prescrittivo. Ogni volta che si misura una cosa, aumenta la consapevolezza. Misurare serve a gestire meglio. Immagino che un’impresa che si veda nell’indice a un livello basso possa avere stimoli ad analizzare cosa fanno i concorrenti e a rivedere le proprie scelte. Non è necessariamente un voto che riflette un potenziale superiore, ma piuttosto aiuta a svilupparne uno. Il confronto fra pari mi sembra sempre la cosa più efficace. Lo stesso Blackrock sostiene che, sebbene il fondo faccia un grosso “challenge” ai ceo in assemblea su questi temi, spetti all’azienda attivarsi per metter in atto i processi adeguati e per comunicare in modo trasparente.

Può essere uno strumento utile anche per l’amministratore indipendente?

Sì, le misure sono un mezzo fondamentale. Rappresentano uno strumento in più per l’amministratore indipendente perché aiutano anche a comunicare. Permettono di chiedere: «Spiegami cosa non stiamo facendo o perché non lo stiamo facendo?». Parlare di qualcosa serve e misurarlo serve ancora di più, senza voler dare un giudizio. Sono convinta con tutte le cautele del caso che sia uno strumento utile per iniziare a fare un salto di qualità.

Dalla governance si può capire se un’azienda è più orientata al lungo periodo?

Si può capire da alcuni elementi di struttura, dal tipo dei comitati che il board ha istituito all’interno e che riflettono i temi considerati chiave dall’azienda, dalla composizione e dalla presenza di amministratori indipendenti. E poi bisogna rilevare quello che è il vissuto ed è quello che facciamo noi nella nostra parte dell’indice: dare un’informazione dall’interno che riflette la situazione reale, al di là di quello che l’azienda dichiara di fare, da cui di solito emerge un quadro particolarmente roseo. Con tutti i limiti del caso si cerca di capire se quanto dichiarato sulla carta rifletta effettivamente temi caldi nell’esperienza quotidiana degli amministratori.

Le aziende Usa come hanno reagito alla lettera di Blackrock?

Non ho visto cambiamenti drastici che non fossero già previsti. Nella situazione attuale si guardano più i prezzi day by day che a cosa succederà tra dieci anni. Certamente il fatto che lo dica Blackrock è rilevante. Lo stesso gestore sottolinea che negli ultimi anni non solo vi sono stati dividendi alti, cosa che può soddisfare le attese degli investitori, ma anche molti buyback. Possibile, si chiede, che non ci fosse un piano di investimenti per dare agli azionisti maggiore valore di lungo e non di breve termine? È la stessa riflessione del capo economista della Bank of England: il mercato chiede utili di breve, sottraendo risorse a investimenti che, invece, potrebbero garantire maggiore valore nel medio-lungo periodo.

Quali le maggiori difficoltà a una governance della sostenibilità?

Non c’è una difficoltà oggettiva, è un problema di processo decisionale. Si tende a ragionare per silos. Anche le aziende più evolute che fanno il bilancio sociale, lo fanno in modo slegato dal bilancio economico, lo fanno persone diverse, processi diversi. Quello che manca è un processo interno in cui si collega la governance alle strategie e agli obiettivi economici. Mancano domande come: il cda di nuova nomina è funzionale ai miei obiettivi di medio-lungo termine? In che modo usa le informazioni di scenario che gli vengono fornite? Il processo decisionale deve considerare l’azienda in modo integrato, come un sistema. Quindi è necessaria una trasformazione interna dell’organizzazione aziendale e che può tradursi anche nella scelta di pubblicare un reporting integrato.

Elena Bonanni

@ElenaBonanni

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