Iosco, appello sul greenwashing. Ma pure su greenhushing e greenbleaching

15 Gen 2024
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Iosco, ovvero l’organizzaziome internazionale che raccoglie le Consob dei singoli Paesi, nel report Supervisory Practices to Address Greenwashing presentato a dicembre, ha ammonito le authority a non abbassare la guardia. Anche contro le due derivazioni del concetto, per quanto “opposte” nel significato: il greenhushing e il greenbleaching. Il primo viene indicato come «l’atto dei team di gestione aziendale di sotto dichiarare o nascondere le loro credenziali di sostenibilità per eludere il controllo degli investitori». Il secondo «è un termine utilizzato, ad esempio, quando un fornitore di servizi o prodotti di investimento che è in pratica “verde”, sceglie di non dichiarare di esserlo per evitare requisiti normativi aggiuntivi e un potenziale rischio normativo o legale».

LE CAUSE DEL GREENWASHING

In generale, scrive Iosco, «la crescita degli investimenti Esg e dei prodotti legati alla sostenibilità ha portato a diverse sfide riguardanti l’affidabilità, la coerenza e la comparabilità delle informazioni disponibili e il rischio di greenwashing. Queste sfide includono lacune nei dati a livello aziendale, problemi derivanti dalla proliferazione di fornitori di rating e di prodotti di dati Esg, come la mancanza di coerenza e di trasparenza nelle terminologie alla base dei rating e dei prodotti di dati Esg la mancanza di trasparenza nelle metodologie, nell’etichettatura e nella classificazione, le diverse interpretazioni della materialità, la gestione dei conflitti di interesse, le lacune nelle competenze e nell’esperienza e l’evoluzione degli approcci normativi».

IL RITARDO DI GOVERNANCE E CULTURA

Sebbene alcune di queste sfide vengano attualmente affrontate, il greenwashing rimane una preoccupazione fondamentale. «Il greenwashing – prosegue il rapporto – può essere il risultato di diversi fattori o cause interconnesse; queste possono variare dalle sfide nell’implementazione dei processi e degli strumenti di governance necessari a supportare un’informativa di sostenibilità di alta qualità, alla mancanza di competenze e conoscenze in materia di sostenibilità da parte delle autorità di vigilanza e dei partecipanti al mercato».

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