Dalla csr al "Corporate socially responsible investment"

Il 2017 sarà l’anno del CSRI

9 Gen 2017
Editoriali Companies & CSR Commenta Invia ad un amico
CSRI è qualcosa di più di una crasi, è un upgrade del concetto di "responsabilità" a "investimento". Ci sono segnali di una tangibile consapevolezza sia dal lato industria sia dal lato finanza. La sfida lanciata da ETicaNews passa dalla integrated governance

editoriale_blu_homeLa prospettiva della Csr (corporate social responsibility) è quella di estinguersi per rinascere in un modello di business integrato azienda-finanza, orientato alla responsabilità sociale. Questa evoluzione “della specie” è stata più volte oggetto di analisi da parte di ETicaNews. Con un approccio sempre improntato a tentare di individuare i tratti futuri del modello.

Ebbene, la sensazione è che adesso qualcosa stia cambiando in senso tangibile e concreto: se il 2016 è stato (specialmente per l’Italia) l’anno dell’affermazione della finanza Sri (socially responsible investing), il 2017 si profila come l’anno dello sdoganamento del CSRI, inteso come corporate socially responsible investment. È la crasi tra Csr e Sri, ma anche qualcosa di più . Ovvero è l’anagramma di un upgrade: dal concetto di responsabilità a quello di investimento, della piena consapevolezza che una vera strategia di corporate social responsibility non possa funzionare senza una piena condivisione della stessa con gli investitori. E che una vera finanza Sri non possa esistere senza un sostanziale engagement con l’operatività dell’azienda.

Ciò che adesso è tangibile e concreto è l’avvicinarsi delle due anime del CSRI.

LE DUE ANIME DELLA CRASI

A livello internazionale, alla fine dello scorso anno un messaggio forte è arrivato dall’Efama, l’assogestioni europea (cioè, gli investitori), la quale nel “Report on responsible investment” sottolineava «il principio di base per cui la gestione degli investimenti è un servizio fondamentale all’economia reale e alla società tutta». Sul fronte del business (cioè, l’industria), a metà dicembre, è arrivato l’esito dei lavori della task force del Financial Stability Board del G20 [un approfondimento sarà pubblicato domani su ETicaNews], la quale ha preso ufficialmente atto di come i rischi climate-related siano oggi il fattore meno compreso e gestito da parte delle imprese. E come, viceversa, questi vadano al più presto integrati nei reporting finanziari, al punto da immaginare un nuovo schema mainstream per la disclosure destinata agli investitori.

UNITI NELLA GOVERNANCE INTEGRATA

La leva verde (i rischi climate-related) è stata determinante nel provocare un cambio di passo nelle coscienze del sistema. E ha trainato anche gli altri fattori “immateriali”, cioè la “s” e la “g” di Esg. Il nuovo capo dell’International integrated reporting council, Richard Howitt, ha definito il 2016 un anno importante per l’affermazione della cultura della governance integrata (ossia, appunto, la governance dei fattori non financial, ovvero la governance della Csr). Perché? Proprio per l’avvicinarsi della finanza alle questioni Csr delle aziende: «Sono gli investitori – ha spiegato – a chiedere il reporting integrato». Non a caso, la International Corporate Governance Network (Icgn) ha incluso nel proprio Global Stewardship Code (il codice di comportamento dei gestori verso i clienti investitori) una raccomandazione a che il business adotti l’Integrated Reporting.

LA SFIDA IN ITALIA

Anche in Italia ci sono importanti presupposti per il 2017. Confindustria ha attivato un gruppo Csr che sembra convinto della necessità di un balzo in avanti, andando oltre le attività di charity o di sostegno al territorio, per abbracciare la dimensione strategica della responsabilità d’impresa. Diverse aziende, anche nel corso degli eventi di ETicaNews, hanno esternato l’ambizione di un riposizionamento del proprio business in coerenza con la spinta degli investitori Sri. Senza dimenticare che, lo scorso 23 dicembre, sono diventate legge italiana le disposizioni della direttiva non financial [un approfondimento sul tema sarà pubblicato questo mercoledì].

Nelle prossime settimane, ETicaNews lancerà la propria sfida al CSRI, proponendo la seconda edizione della ricerca sull’integrated governance in Italia. Rispetto allo studio presentato alla conference del 2016, il sondaggio coinvolgerà quest’anno un numero maggiore di aziende, esplorerà alcuni aspetti della non financial e, soprattutto, cercherà di valorizzare al massimo gli aspetti di connessione Csr-Sri nella governance aziendale.

TRAVOLTI DALLA PROPRIA PASSIONE

Insomma, i due mondi (Csr e Sri) sembrano davvero maturi per aggregare le rispettive orbite e diventare il nuovo asse di rotazione dell’economia e della società.

Scommettere su questa integrazione significa anche prepararsi a notevoli e accelerati cambiamenti. Quando il nuovo mondo inizierà a muoversi, è possibile che travolga molti dei protagonisti stessi che l’anno creato. Succederà, per esempio, agli analisti Esg (poiché tutti saranno analisti Esg). E accadrà agli stessi Csr manager, «una figura destinata a scomparire nel tempo», ha spiegato a ETicaNews Peter Bakker, presidente & ceo del World Business Council for Sustainable Development [l’intervista sarà pubblicata oggi alle 12.00].

Accadrà anche ai giornalisti che hanno fatto della ricerca del nuovo modello la propria bandiera distintiva. Arriverà il giorno in cui proporre riflessioni sulla Csr e sullo Sri, o sul CSRI, non avrà più senso.

Ma benvenuto quel giorno.

 

 

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