le conferenze della esg business conference 2025

La forza strutturale della People Identity

2 Lug 2025
Notizie Companies & CSR Commenta Invia ad un amico
Le persone alla base dell'identità Esg di un'azienda. Il tema è stato esplorato da ESG.ICI 2025. Ne hanno parlato, il 18 giugno, Francesca Capoferri (Andersen), Luca De Menech (Dentons), Luca Rossi (Ramboll), Manuela Baudana (A2a) e Livio Capece Galeota (Bnl)

L’identità Esg parte dalle persone. La People Identity richiede strutture di governo che siano “squadra” a cominciare dal top management. Il tema è stato esplorato durante la ESG Business Conference del 18 giugno, decima edizione dell’evento che ET.Group promuove per favorire il dibattito tra i manager della sostenibilità trasversalmente alle funzioni aziendali. Alla tavola rotonda hanno partecipato: Francesca Capoferri, partner di Andersen; Luca De Menech, partner di Dentons; Luca Rossi, ESG Lead di Ramboll. E sono intervenuti due dei best case delle aziende partecipanti a ESG Identity Corporate Index 2025 (ESG.ICI): A2a, azienda della Top 10 dell’Index, e Bnl Bnp Paribas, prima classificata per le aziende non quotate, con la partecipazione rispettivamente di Manuela Baudana, Head of Sustainability, e di Livio Capece Galeota, Responsabile del Center Of Expertise ESG.

Attraverso il monitoraggio, la formazione e il coinvolgimento, l’identità aziendale si traduce in know how, consapevolezza e commitment dell’intera struttura. Dai team di C-level Esg, ai progetti specifici fino alle singole persone. Se ESG.ICI 2025 ha spinto sulla consapevolezza e sul monitoraggio delle pratiche di coinvolgimento delle persone, la cultura e le competenze Esg sono uno degli aspetti portanti dell’Identità Esg monitorata dall’Index. In primo piano, la capacità del board di indirizzare gli azionisti verso le competenze Esg di chi deve guidare l’azienda (attraverso il parere di orientamento per il rinnovo del board), pratica adottata dal 50% del campione delle aziende quotate partecipanti. Competenze Esg che scendono all’interno dell’organizzazione e diventano elemento qualificante per la selezione delle funzioni chiave per l’80% delle aziende del paniere. Quando le competenze Esg diventano un parametro non solo per le funzioni connesse alla sostenibilità ma trasversale a più funzioni (31% delle aziende), almeno 7 aziende su 10 ingaggiano dall’Hr alla Comunicazione, dalla Finanza agli Affari legali, passando per la governance e l’Ufficio Acquisti. E l’assegnazione di Kpi Esg nella remunerazione variabile è ormai la leva adottata da oltre il 90% del campione per allineare  il comportamento manageriale agli obbiettivi strategici.

Tutto questo è il segnale concreto dell’evoluzione da un approccio di mera compliance a uno proattivo, come ha sottolineato anche Capoferri, partner di Andersen, che nel suo intervento ha affrontato l’evoluzione della percezione degli Esg a livello C-Level e la sfida di costruire un team di C-level che sappia accompagnare l’azienda attraverso le sfide Esg. Parallelamente si è verificata anche un’evoluzione delle informazioni richieste dai C-level che, nel passaggio da compliance a strategia, si trovano a dover tradurre i progetti in termini di creazione di valore. In questo senso, Rossi, ESG Lead di Ramboll, ha portato la riflessione su come trasformare obblighi normativi in una vera ESG Identity, costruendo valore misurabile nei progetti e facendo leva su business case oramai maturi per quantificare l’impatto creato. Dimostrare come i progetti di sostenibilità creino valore sia finanziario sia di impatto sociale sulle comunità è inoltre uno dei driver fondamentali per ingaggiare i C-level e per innescare dei meccanismi di “sense-giving” e “sense-making” all’interno dell’organizzazione. Il coinvolgimento degli stakeholder diventa ancora più importante per l’adozione di una strategia Esg focalizzata sulla creazione di valore attraverso la trasformazione dei modelli di business.

Una solida People Identity che rafforzi l’identità Esg dell’azienda passa anche da pratiche di inclusività, trasparenza e partecipazione che sappiano creare coesione tra le persone. È il caso del tema del pay gap, affrontato sia in ottica di disparità tra dipendenti e top management sia in ottica di disparità tra uomini e donne. I dati di ESG.ICI hanno evidenziato che c’è ancora tra il 30 e il 40% di aziende che non ha un modello di gestione del pay gap su questi due ambiti. Percentuali che salgono a oltre il 50% tra le società non quotate. Inoltre, un aspetto destinato ad aumentare il proprio peso, in relazione anche alla nuova normativa approvata in Italia, è la capacità dell’azienda di coinvolgere i dipendenti nella partecipazione al capitale (secondo ICI.2025 il 70% delle aziende quotate non aveva ancora strutturato nel 2024 piani di partecipazione al capitale) e agli utili della società così come nelle scelte gestionali. Su questo fronte, De Menech, partner di Dentons, ha sottolineato come si tratti di una normativa importante perché per la prima volta è finalizzata a un’estensione della partecipazione a tutta la platea aziendale, e non più solo alle key people attraverso stock option e stock grant, con anche un rafforzamento importante dell’informativa sindacale e della partecipazione sindacale nelle scelte decisionali aziendali.

Elena Bonanni

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